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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Documento

L’Arcivescovo: «Voglio un Csi capace di cambiare lo sport»

Pubblichiamo l’«Editto» che monsignor Delpini ha consegnato a dirigenti, tecnici e atleti durante la festa in piazza Duomo per gli 80 anni dell’ente di promozione sportiva, e che contiene anche l’indicazione per alcuni “gesti” significativi da compiere prima delle gare

di monsignor Mario DELPINIArcivescovo di Milano

14 Settembre 2024

1. Lo sport del Csi è per tutti

Tutti sono accolti, tutti sono invitati. Tutti: i grandi e i piccoli. Tutti: i ragazzi e le ragazze con cittadinanza italiana e i ragazzi e le ragazze di qualsiasi cittadinanza, tutti i cittadini del mondo. Tutti: quelli di compagnia e quelli imprigionati nella solitudine. Tutti: i campioni e i mediocri. Tutti: in Italia e all’estero. Tutti: i normodotati e le persone con disabilità. È occasione per tutti per conoscersi e stimarsi.

2. Lo sport del Csi fa bene a tutti

Fa bene agli atleti: li rende più forti nelle difficoltà, più contenti di stare insieme nelle vittorie e nelle sconfitte, più capaci di accogliersi gli uni gli altri.

Fa bene agli allenatori e ai dirigenti: li rende attenti ai singoli atleti, esperti nel «saper prendere ciascuno» con il suo carattere e aiutarlo a integrarsi serenamente nella squadra, saggi nel cercare di formare non solo atleti, ma uomini e donne onesti, generosi, fiduciosi.

Fa bene ai preti: offre al ministero dei preti occasioni per incontrare e accompagnare ragazzi e ragazze che devono essere aiutati a crescere nella fede e a vivere la loro vocazione.

Fa bene ai genitori: li coinvolge perché si conoscano e si aiutino, pretende un comportamento corretto anche nel fare il tifo, anche nel rispettare le scelte dei mister.

3. Lo sport del Csi non è tutto

È importante giocare, ma non c’è solo il gioco. È importante l’allenamento, ma non c’è solo l’allenamento. Gli iscritti del Csi prendono seriamente e appassionatamente lo sport, ma sono aiutati a capire che la vita, la testa, le energie non si esauriscono nello sport: c’è anche la scuola e il recupero dei debiti scolastici, c’è anche la preghiera e la messa della domenica, c’è anche la visita ai nonni.

4. Lo sport del CSI va dappertutto 

La bellezza dell’azione educativa del Csi non può restare chiusa nei confini dell’oratorio o della società sportiva. Deve invadere il territorio. Deve essere presenza nei quartieri difficili, in carcere, nei luoghi di povertà educativa, nelle residenze per anziani. Non solo: deve uscire anche dall’Italia e diffondersi nelle periferie del mondo grazie all’azione di Csi per il mondo che invito fortemente a rafforzare e sostenere.

Serve anche un Csi capace di essere presenza nel sistema sportivo italiano e di essere “testimonianza viva” della nostra visione dello sport nei rapporti con il Coni e le federazioni. Chiedo di farlo come “mandato” affidato dalla Diocesi. Chiedo ai Comitati del Csi della Diocesi di “spendersi” in queste direzioni considerandole parte irrinunciabile del loro servizio alla Diocesi.

5. Un gesto per fare la differenza

Voglio un Csi capace di fare la differenza. Voglio società sportive capaci di fare la differenza. Csi e società sportive capaci di cambiare le abitudini del mondo dello sport. Ogni anno lancerò un’iniziativa in questa direzione.

Per la stagione sportiva 2024-2025 voglio soffermarmi sull’aspetto della relazione.

Viviamo un tempo nel quale la diffidenza e la distanza tra le persone è grande. Viviamo spesso da sconosciuti con persone che incontriamo. Capita nel condominio dove abitiamo, sul lavoro e in altri contesti. Chiedo allora al Csi di trasformare un’abitudine. Nello sport le due squadre si incontrano senza conoscersi. Alla fine della partita gli avversari restano sconosciuti. Incoraggio ogni forma di “terzo tempo”, ma penso anche a gesti da introdurre nel protocollo prima della gara, in occasione dell’ingresso in campo.

Nel caso delle partite di calcio le due squadre entrano in campo in fila indiana con i giocatori mischiati e non più una squadra da una parte e una dall’altra. Sembra banale, ma non lo è. Chiunque vedendo quella partita dirà: «Perché vanno così?». La risposta è semplice. Perché prima e dopo la partita vogliamo favorire la relazione tra ragazzi e ragazze delle due squadre. Nella chiama prima della partita chiedo al capitano di una squadra di essere presente alla chiama dell’altra squadra e di portare il saluto della sua squadra agli avversari.

Per le sfide di pallavolo e basket, chiedo che prima del fischio iniziale si formi un cerchio con i giocatori mischiati e di fare tutti insieme il tradizionale «urlo pre-partita insieme». Sarà la squadra di casa a proporre l’urlo. Per la chiama valgono le indicazioni sopra descritte. 

Si tratta di segni. Ma i segni parlano e dicono del desiderio di «cambiare lo sport» per fare in modo che sempre di più esprima tutte le meravigliose potenzialità educative che contiene.

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