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Memoria

Contro ideologie e individualismo, la città ha bisogno di testimoni di verità

Questo furono per Milano gli arcivescovi Schuster, Montini, Colombo, Martini, Tettamanzi. Lo ha ricordato mons. Delpini nel giorno del 70esimo anniversario della scomparsa del beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, durante la celebrazione, ormai tradizionale per la Chiesa ambrosiana, nella quale si ricordano anche i successivi Pastori scomparsi

di Annamaria BRACCINI

31 Agosto 2024
Sulla tomba del beato Schuster

«Nella città minacciata di finire in frantumi, le persone che desiderano l’incontro, che sentono promettente la solidarietà, che provano una gioia vera nel fare il bene e nell’essere generosi hanno bisogno di una parola che raduni, di una comunità che accolga, di una profezia di fraternità. Di questo ha bisogno la città».

A dirlo, anzi a scandirlo, è l’Arcivescovo che, in Duomo, nel giorno del 70esimo anniversario della scomparsa del beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano dal 1929 al 1954, in una celebrazione ormai divenuta tradizione per la Chiesa ambrosiana, nella quale si ricordano anche i successivi Pastori scomparsi (qui l’omelia completa). E il pensiero va appunto a tutti loro.   

Una Chiesa che parla a tutti

«Gli arcivescovi Schuster, Montini, Colombo, Martini, Tettamanzi sono stati una presenza che ha saputo parlare non solo alla comunità cattolica, ma a tutti i cittadini. Dobbiamo riconoscere la rilevanza della presenza della Chiesa nella società civile. I Vescovi che ricordiamo hanno saputo testimoniare una parola edificante nel contesto della deprimente banalità, hanno saputo offrire una parola libera e uno spunto critico nel contesto aggressivo dell’ideologia, hanno saputo diffondere la simpatia per ogni uomo e per ogni donna, a partire dai più fragili nel contesto dominato dalla ossessione dell’apparire, hanno saputo convocare una comunità nel contesto dell’individualismo».

Sulla tomba del cardinale Martini

E così, attraverso le parole dell’omelia dell’Arcivescovo che la presiede, la Messa – concelebrata da 7 vescovi, tra cui il vicario generale monsignor Franco Agnesi e il vicario apostolico per l’Arabia meridionale, monsignor Paolo Martinelli, da una trentina di presbiteri, dai membri del Consiglio Episcopale Milanese e dal Capitolo della Cattedrale, cui si aggiungono il presidente della Fondazione Carlo Maria Martini, padre Carlo Casalone e alcuni sacerdoti legati alle figure ricordate -, si fa memoria grata, come sottolinea, l’arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo, porgendo il suo saluto di benvenuto. «Il mistero della comunione dei Santi che esprimiamo in ogni nostra Eucaristia si fa questa sera più solenne e tangibile nella preghiera di lode per il Beato e di suffragio per gli altri Arcivescovi».

Di che cosa ha bisogno la città

Ai tanti i fedeli presenti tra le navate, in prima fila con la fascia tricolore siede anche l’assessore Marco Granelli in rappresentanza del sindaco Sala, ma idealmente all’intera metropoli, si rivolge il vescovo Mario.

Ricordando il cardinale Tettamanzi

«Nella molteplicità delle voci, delle chiacchiere insignificanti abitate solo dalla banalità, sembra che il pensiero sia umiliato, nei luoghi comuni indiscutibili suonano talora isolate e necessarie le parole sapienti. Ma la città ha finito per riconoscere l’autorevolezza di discorsi ispirati dalla sapienza. La gente semplice e sincera, che la comunicazione mass mediatica cerca di istupidire per ridurre tutti a consumatori, accoglie parole e discorsi che aprono altri orizzonti e invitano ad alzare il capo. Di che cosa ha bisogno la città? Possiamo dire che ha bisogno di persone sagge che parlino con autorevolezza, che dicano la verità e ne siano testimoni». Uomini e donne capaci di essere portatori di sapienza contro ogni ideologia «che ha abitato e abita la città, che non ammette dissenso e zittisce con il disprezzo o con la violenza chi non si adegua al consenso»

L’ideologia infatti, osserva ancora il vescovo Mario, «ha generato frustrazione, confusione, tensioni violente, sia nei tempi della dittatura, sia nel tempo del terrorismo che del consumismo, sia nel tempo dell’individualismo inappellabile. In ogni grigiore di ideologia le persone libere e sincere dichiarano di aver bisogno di una parola e di intravedere una via promettente che renda liberi e disponibili all’incontro».

Ghetti impenetrabili 

E tutto questo senza dimenticare uno dei mali più radicati nella società di oggi e che l’Arcivescovo delinea «nella ricerca ossessiva di popolarità, nell’impegno a costruire il consenso e ad attirare l’attenzione; quando si ha certezza di esistere solo nell’apparire e si può avere stima di sé solo perché si è molto cercati, fotografati, citati».

E lì che «abita la paura della solitudine e dell’insignificanza e diventano obbligatori modelli di uomo e di donna che corrispondano ai canoni estetici correnti. Quando per essere accettati è imposto un modello di bellezza, di efficienza, di spregiudicatezza, la città produce persone come scarti: il difetto fisico diventa un marchio di emarginazione, invecchiare diventa una condanna intollerabile, la disabilità è censurata come una disgrazia. Nella incomunicabilità che separa le persone, divide le famiglie e favorisce pregiudizi che contrappongono associazioni, gruppi e partiti, la città sembra destinata a frantumarsi in ghetti impenetrabili».

Edificare una città migliore 

E se questa è la Milano, per monsignor Delpini, «che genera la paura, induce a cercare l’isolamento, a ritenere la solitudine più rassicurante che la comunità, l’indifferenza una forma saggia per difendersi dai fastidi», si tratta, invece, di farsi testimoni, appunto, di «una parola che raduni, di una comunità che accolga, di una profezia di fraternità».

Fedeli presenti alla celebrazione

Così come la Chiesa che porta il nome di Ambrogio ha fatto attraverso i secoli, dal terzo secolo al terzo millennio, con la sua peculiare tradizione di impegno ecclesiale e civile. «La Chiesa è presente in città e modestamente, ma in modo determinato, vuole offrire un contributo per edificare una città migliore. Chiediamo l’intercessione dei nostri Vescovi per essere all’altezza della tradizione che ci ha generati e della missione che ci è stata affidata», conclude, infatti, l’Arcivescovo che, al termine della celebrazione, in processione con i sacerdoti e la gente, prega sulle tombe di Martini, Colombo e Tettamanzi, fino alla benedizione finale impartita presso la sepoltura del beato Schuster.