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Fede e letteratura

Il Papa: la letteratura educa cuore e mente, apre all’ascolto degli altri

Francesco indirizza una lettera ai candidati al sacerdozio, e pure agli operatori pastorali e a tutti i cristiani, per sottolineare il «valore della lettura di romanzi e poesie nel cammino di maturazione personale», perché i libri aprono nuovi spazi interiori, arricchiscono, aiutano ad affrontare la vita e a capire l'altro

di Tiziana CAMPISI

6 Agosto 2024
Papa Francesco

Da Vatican News

Un buon libro apre la mente, sollecita il cuore, allena alla vita. Parola di Papa Francesco, che ha preso carta e penna per far comprendere ai futuri sacerdoti, ma anche a «tutti gli agenti pastorali» e a «qualsiasi cristiano», il «valore della lettura di romanzi e poesie nel cammino di maturazione personale». Con la «Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione», vergata il 17 luglio e pubblicata oggi, 4 agosto, il Pontefice intende «risvegliare l’amore per la lettura» e soprattutto «proporre un radicale cambio di passo» nella preparazione dei candidati al sacerdozio, perché si dia più spazio alla lettura di opere letterarie. Perché la letteratura può «educare il cuore e la mente del pastore» a «un esercizio libero e umile della propria razionalità» e al «riconoscimento fecondo del pluralismo dei linguaggi umani», può ampliare la sensibilità umana e condurre a «una grande apertura spirituale». Inoltre compito dei credenti, e dei sacerdoti in particolare, è «toccare’ il cuore dell’essere umano contemporaneo affinché si commuova e si apra dinanzi all’annuncio del Signore Gesù», e in tutto ciò «l’apporto che la letteratura e la poesia possono offrire è di ineguagliabile valore».

Gli effetti benefici della lettura

Nel testo, Francesco sottolinea anzitutto gli effetti benefici di un buon libro che, «spesso nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti”, può essere “un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene», e che, nei «momenti di stanchezza, di rabbia, di delusione, di fallimento, e quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima», può aiutare ad attraversare momenti difficili e ad «avere un po’ più di serenità». Perché magari «quella lettura ci apre nuovi spazi interiori» che aiutano a non chiudersi «in quelle poche idee ossessive», le quali poi «intrappolano in maniera inesorabile». Ci si dedicava alla lettura più spesso «prima della onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi», osserva il Papa, che evidenzia come in un prodotto audiovisivo, seppure«più completo», «il margine e il tempo per “arricchire” la narrazione o interpretarla sono solitamente ridotti«, mentre leggendo un libro «il lettore è molto più attivo». Un’opera letteraria è «un testo vivo e sempre fecondo». Succede, infatti, che «nella lettura, il lettore si arricchisce di ciò che riceve dall’autore», e questo «gli permette di far fiorire la ricchezza della propria persona».

Dedicare tempo alla letteratura nei seminari

Se è positivo che «in alcuni seminari, si superi l’ossessione per gli schermi – e per le velenose, superficiali e violente fake news – e si dedichi tempo alla letteratura», alla lettura, a parlare di «libri, nuovi o vecchi, che continuano a dirci tante cose», riconosce Francesco, invece, in generale, «nel percorso formativo di chi è avviato al ministero ordinato» non c’è uno spazio adeguato per la letteratura, ritenuta «un’espressione minore della cultura che non apparterrebbe al cammino di preparazione e dunque all’esperienza pastorale concreta dei futuri sacerdoti». «Tale impostazione non va bene», afferma il Papa, porta a «una forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri», che non hanno così «un accesso privilegiato, tramite appunto la letteratura, al cuore della cultura umana e più nello specifico al cuore dell’essere umano». Perché, in pratica, la letteratura ha a che fare, «con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita» ed «entra in un rapporto intimo con la nostra esistenza concreta, con le sue tensioni essenziali, con i suoi desideri e i suoi significati».

I libri compagni di viaggio

Ricordando gli anni della sua docenza in una scuola di gesuiti a Santa Fe, tra il 1964 e il 1965, il Papa racconta che come professore di Letteratura, agli alunni c’era da far studiare El Cid, mentre loro «chiedevano di leggere García Lorca». «Allora ho deciso che avrebbero studiato El Cid a casa, e durante le lezioni io avrei trattato gli autori che piacevano di più ai ragazzi» rammenta Francesco, aggiungendo che preferivano «le opere letterarie contemporanee» ma che «leggendo queste cose che li attiravano sul momento, prendevano gusto più in generale alla letteratura, alla poesia, e poi passavano ad altri autori», perché «alla fine, il cuore cerca di più, ed ognuno trova la sua strada nella letteratura». A tal proposito il Papa, confida di amare «gli artisti tragici, perché tutti potremmo sentire le loro opere come nostre, come espressione dei nostri propri drammi». Il Pontefice avverte che non bisogna «leggere qualcosa per obbligo», semmai si devono selezionare le proprie letture «con apertura, sorpresa, flessibilità».

Far incontrare Gesù fatto carne

Oggi, per «rispondere adeguatamente alla sete di Dio di molta gente, perché non cerchino di spegnerla con proposte alienanti o con un Gesù Cristo senza carne», credenti e sacerdoti, nell’annunciare il Vangelo, devono impegnarsi perché “tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia». Non si deve mai perdere di vista «la “carne” di Gesù Cristo», raccomanda il Pontefice, «quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore». Per questo, rimarca Francesco, «un’assidua frequentazione della letteratura può rendere i futuri sacerdoti e tutti gli agenti pastorali ancora più sensibili alla piena umanità» di Cristo «in cui si riversa pienamente la sua divinità».

L’abitudine a leggere ha esiti positivi

Nella lettera, il Papa enuncia anche le conseguenze positive che per gli studiosi scaturiscono dall’«abitudine a leggere», che aiuta «ad acquisire un vocabolario più ampio», «a sviluppare vari aspetti della propria intelligenza», «stimola anche l’immaginazione e la creatività», «permette di imparare ad esprimere in modo più ricco le proprie narrazioni», «migliora anche la capacità di concentrazione, riduce i livelli di deterioramento cognitivo, calma lo stress e l’ansia». In concreto, leggere «ci prepara a comprendere e quindi ad affrontare le varie situazioni che possono presentarsi nella vita», prosegue Francesco, «nella lettura ci tuffiamo nei personaggi, nelle preoccupazioni, nei drammi, nei pericoli, nelle paure delle persone che hanno superato alla fine le sfide della vita». E con Borges si può giungere a definire la letteratura «ascoltare la voce di qualcuno».

Rallentare, contemplare, ascoltare

La letteratura serve «a fare efficacemente esperienza della vita». E se «il nostro sguardo ordinario sul mondo è come “ridotto” e limitato a causa della pressione» dei diversi impegni personali e «anche il servizio – cultuale, pastorale, caritativo – può diventare» solo qualcosa da dover fare, il rischio è quello di «cadere in un efficientismo che banalizza il discernimento, impoverisce la sensibilità e riduce la complessità». E allora nel «nostro vivere quotidiano» bisogna imparare «a prendere le distanze da ciò che è immediato», è il suggerimento del Papa, «a rallentare, a contemplare e ad ascoltare», cosa che può accadere quando ci si ferma a leggere un libro. Serve «recuperare modi di rapportarsi alla realtà ospitali, non strategici», occorre «distanza, lentezza, libertà» per un approccio al reale, in parole povere, e la letteratura consente di «allenare lo sguardo a cercare ed esplorare la verità delle persone e delle situazioni», «ci aiuta a dire la nostra presenza nel mondo». Inoltre, insiste il Papa, «leggendo un testo letterario» vediamo con gli occhi degli altri, sviluppiamo «il potere empatico dell’immaginazione», «scopriamo che ciò che sentiamo non è soltanto nostro, è universale, e così anche la persona più abbandonata non si sente sola».