«Ho detto: attento Peppino, i doni che hai non sono tuoi, sono di Dio, devi usarli non per il tuo tornaconto e i tuoi punti di vista personali. L’amicizia con Gesù è fondamentale, perciò non puoi tradirla». Basterebbero queste poche parole, con cui Giuseppe Restelli parlava di sé, per raccontarne la personalità. Di profondissima fede, totalmente votato agli altri, deciso, quasi cocciuto nel portare avanti le intuizioni in cui credeva, e allo stesso tempo lungimirante. Così lo racconta chi l’ha conosciuto, sottolineando quanto la sua opera a favore degli anziani abbia precorso i tempi. Alla sua scomparsa, nel 2007, il cardinale Carlo Maria Martini lo definì «grande cristiano e servitore di Cristo Re, uomo mosso dal fuoco della carità».
Dedicarsi ai «vecchi»
La scintilla era nata da giovanissimo, quando Restelli aveva maturato la scelta di consacrarsi nell’Istituto secolare di Cristo Re, fondato da Giuseppe Lazzati. E quando, appunto, decise di dedicarsi ai «vecchi», come li chiamava lui con affetto. A Rho, sua città natale, nel 1947 i reduci della guerra avevano fatto risuonare l’appello a onorare i morti «non con un monumento freddo, ma con un’opera viva», e c’era stata la prima ipotesi di una casa di ricovero per i vecchi della città. Insieme a un comitato locale, Restelli diede quindi avvio alla raccolta fondi che portò nel 1955 alla nascita della casa di riposo della Pia Fondazione Rhodense. Fondazione in seguito intitolata allo stesso Restelli, di cui l’8 agosto ricorre il centenario della nascita (mentre il 26 ottobre, sempre a Rho, è in programma il convegno dal titolo «Immagina, fai e rivoluziona il domani. Cento anni dalla nascita di Giuseppe Restelli»).
In anticipo e controcorrente
Mentre gli importanti legami stretti nella Resistenza portavano Restelli a importanti incarichi alla guida del personale dell’Eni, poi alla gestione del quotidiano Il Giorno e, chiamato da Montini, di Avvenire, iniziava dunque la storia di una delle prime realtà assistenziali rivolte alla terza età. Una realtà che anticipava i tempi e con la quale, nell’immediato dopoguerra, Restelli sembrava muoversi «controcorrente», sottolinea Franco Massi, per vent’anni direttore generale della Fondazione (dove era stato chiamato dallo stesso Restelli negli anni Novanta) e ora presidente nazionale di Uneba, associazione di categoria che raggruppa oltre mille enti del settore sociosanitario ed educativo. «Erano infatti – prosegue Massi – anni ricostruzione e di crescita dal punto di vista del tessuto demografico, dell’economia, della politica, in cui c’era una naturale attenzione per i giovani».
Di quei decenni Massi ricorda, in particolare, le battaglie a fianco del fondatore per far riconoscere, a livello nazionale e regionale, l’autonomia degli enti assistenziali di carattere privato, contro un’impostazione che, negli anni Settanta, le voleva tutte nell’alveo pubblico. Ora, evidenzia riprendendo gli ultimi dati Istat, «oltre il 50% delle strutture residenziali è gestito da società non profit, la maggior parte di matrice cristiana».
Una cittadella della solidarietà
Sempre precorrendo i tempi, la Fondazione ha via via ampliato i suoi servizi, diventando un vero centro polifunzionale dedicato alla cura della terza età. Già nel 1987, per esempio, vennero inaugurati a Rho ben 40 alloggi protetti per anziani, perché potessero godere della migliore autonomia possibile. Negli anni Novanta, poi, Restelli insistette perché la Cascina Poglianasca ad Arluno fosse destinata a diventare una vera e propria cittadella della solidarietà. Qui, ora, sei diverse organizzazioni si occupano di diverse forme di disabilità, di housing per nuclei familiari in difficoltà e di agricoltura sociale. Ultima arrivata una comunità di famiglie: «Ci affacciamo su un cortile vivace – raccontano –. La condivisione che parte dai bisogni concreti rende più facile superare la porta del proprio nucleo familiare e andare incontro a chi è più in difficoltà».
Così, coinvolgendo anche altre realtà locali, cresce l’opera avviata da Restelli, che nel 1995 (40° anniversario della Fondazione) aveva ribadito con queste parole il suo impegno: «La Provvidenza ci ha sempre aiutato. Speriamo che illumini anche i governanti e tutti coloro che, pur avendone le potenzialità, non le utilizzano a favore dei più bisognosi e degli ultimi».
L’accompagnamento religioso
Un legame con la Chiesa ambrosiana accompagnato – fin dall’apertura della prima Rsa, nel 1955 – dalla costante presenza di diverse congregazioni religiose, ad affiancare gli ospiti nella preghiera e nella carità. Prima la Congregazione delle suore dell’Immacolata Concezione di Ivrea, quindi le Suore dell’Immacolata di Milano, oggi le Sorelle di Sant’Anna di Tirukirapali e le Piccole Suore di San Giuseppe Rey. Era del resto lo stesso Restelli ad alimentare continuamente il legame tra fede e vita: «Io vado dal Padrone», diceva ai suoi collaboratori quando, ogni giorno, lasciava il suo ufficio per recarsi a pregare nella cappella interna alla struttura.