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Valsassina

Madonna di Biandino, tra natura, fede e arte

La lunga (e anche tribolata) storia del Santuario mariano e della miracolosa effigie mariana

di Marco SAMPIETRO

4 Agosto 2024
Il Santuario

La chiesetta di Biandino fu eretta dai bergamini e dai minatori nella seconda metà del Seicento. Costruita tra il 1665 e il 1669, fu terminata entro il 1670, con piccola aula soffittata, presbiterio piano e altare a stucchi. Ingrandita nel 1934 con l’aggiunta del campaniletto a vela in previsione anche dell’imminente primo centenario del voto (1936), fu benedetta il 18 luglio 1935 dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Incendiata e distrutta il 13 ottobre 1944 durante azioni di rastrellamento in Valsassina, da parte dei militi delle Repubblica sociale italiana saliti in cerca di resistenti, fu ricostruita negli anni 1946/1947 sul perimetro della precedente e inaugurata il 5 agosto 1947.

L’attuale chiesetta presenta una facciata caratterizzata da straordinaria semplicità: due piccole finestre laterali contornate da verrucano lombardo e protette da inferriate, sopra la porta una pensilina e al centro altre tre piccole finestre sopra le quali è posta una finestra a forma di croce. La struttura interna è mononavica. Il presbiterio, chiuso da una balaustrata in legno, comprende una moderna mensa in beola grigia fiammata alle cui spalle è collocata, entro una cornice in legno intagliata la pala della Madonna di Biandino.

Dipinti e vetrate

Sulla parete laterale sinistra è un dipinto raffigurante San Giovanni Bosco che addita la Madonna a un fanciullo, opera di Arturo Galli (1955/1956). Il resto della decorazione pittorica del Santuario, opera di Pierino Motta su studio e disegno di don Mario Tantardini (1949), è ricco di citazioni mariane, frutto della collaborazione tra il pittore e il professore di Storia dell’arte: sul cornicione sono dipinti i simboli delle Litanie Lauretane e sull’arco trionfale è sviluppato il motivo del roseto che inquadra i quindici Misteri del Rosario con tre strofe dell’inno Te gestientem gaudiis.

A testimoniare la grande devozione alla Madonna di Biandino sono i dipinti votivi. Bella l’artistica vetrata raffigurante San Bernardo di Mentone, patrono degli alpinisti, opera del pittore Arturo Galli (1948). Lungo le pareti della navata è appesa la Via Crucis in legno realizzata da Giacomo Vincenzo Mussner nel 1950.

Il campanile a due vele disposte a L, una con una bifora e l’altra con una monofora, porta tre campane fuse dalla ditta Bianchi di Varese tra il 1932 e il 1934 e benedette il 18 luglio 1935 dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster.

La pala di don Mario Tantardini

L’effigie

L’attuale effigie della Madonna di Biandino è un olio su tela dipinto da don Mario Tantardini nel 1945, in sostituzione di quello dipinto da Giovanni Maria Tagliaferri e andato distrutto nel 1944, di cui resta la bella incisione su rame del 1862.

La pala raffigura Maria che, assisa su un trono di nubi e attorniata da due cherubini, accoglie nel suo grembo il Bambino Gesù che nella sinistra stringe il globo e con la destra è in atto di benedire con due dita; la Madonna, dal volto molto dolce e ieratico, rivolto verso il basso, stringe nella destra una lunga corona del rosario; in basso a destra è raffigurato in atteggiamento estatico San Domenico con la corona del rosario nella destra e nella sinistra un giglio, simbolo di integrità e moralità; ai suoi piedi il globo e un cagnolino che reca tra i denti una candela, metafora della diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gl’infedeli per opera di San Domenico e dei suoi frati predicatori.

Su uno sfondo paesaggistico montano con il Pizzo dei Tre Signori, rododendri e stelle alpine, spicca a sinistra la chiesetta come era prima della distruzione.

 

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