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Due barche

Memoria di S. Josemaria Escrivá de Balaguer, Milano, Duomo – 26 giugno 2024

26 Giugno 2024

1. Le due barche accostate alla sponda.

Le due barche che raccontano della notte della fatica inutile “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”.

Sono le barche che raccontano il fallimento: le buone intenzioni non bastano, l’esperienza e la competenza non ottengono i risultati desiderati.

Alla sponda di ogni lago sono accostate le barche del fallimento: forse il racconto di ogni vita comprende anche il capitolo dell’insuccesso, del fallimento, del sogno che non si è realizzato, della frustrazione non solo delle fantasticherie ingenue, ma anche delle aspettative legittime, dei progetti ragionevoli che la vita ha costretto ad abbandonare.

Che dobbiamo pensare constatando che alla sponda del nostro lago sono accostate le barche del fallimento?

Alcuni forse sono inclini a pensare: “Ho faticato tanto, non ho combinato niente. Perché? Forse Dio mi è contrario, forse Dio mi vuole castigare per qualche colpa che ho commesso, forse Dio mi vuole umiliare perché io non diventi superbo, forse Dio non si cura di me. Ecco: la mia barca vuota è colpa di Dio, è volontà di Dio”.

Alcuni forse sono inclini a pensare: “Mi sono impegnato, ho faticato tanto e non ho combinato nulla. Perché? Si vede che non sono capace, devo riconoscere di essere un fallito, di non valere niente, devo rassegnarmi. La mia vita è una impresa fallita. Ecco: la mia barca vuota è la dimostrazione che non valgo niente”.

Alcuni forse sono inclini a pensare: “Così è la vita. Un giorno va bene, un altro giorno va male. Tiriamo avanti. Ecco: la mia barca vuota non significa niente”.

 

2. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Il racconto evangelico termina ancora con le due barche tirate a terra. La scena sembra la stessa, ma la situazione è tutta diversa. Non sono più le barche del fallimento. La pesca stavolta è stata sovrabbondante, tutte e due le barche si sono riempite fino a farle quasi affondare. Il dono del lago è stato eccezionale. Ecco: sembra che la vita, il lavoro, l’impegno e la competenza abbiano dato i risultati desiderabili. C’è di che festeggiare ed essere contenti di sé.

Ma le barche sono tirate a terra e lasciate lì per imprese altrui. Le barche tirate a riva raccontano dell’inizio di un’altra storia, di una vita nuova.

C’è dunque un oltre che chiama. Non basta l’abbondanza della vita, non basta la soddisfazione per il risultato, non basta la constatazione di un successo che rivela la cura di Dio per rendere fruttuosa la fatica. Non basta.

 

3. L’incontro.

Forse vivi la situazione del fallimento, forse vivi la situazione del successo, ma né il fallimento né il successo sono la verità della tua vita.

Quello che è decisivo è l’incontro che rivela la presenza del Signore: sia che si debba continuare la vita di sempre, sia che si apra un capitolo nuovo della vita, è il Signore che visita la tua vita e la chiama. La barca del fallimento è abitata dal Signore che se ne serve come di una cattedra per insegnare alle folle; la barca del successo rivela la presenza del Signore che chiama oltre.

La verità della nostra vita è la vocazione con la quale il Signore ci chiama.

Interroghiamo quindi l’incontro per sapere che cosa fare delle nostre barche.

 

In primo luogo l’incontro dice del servizio: quello che ho, quello che so fare, il tempo di cui dispongo è per servire. Anche la barca del fallimento può servire al Signore per insegnare alle folle.

 

In secondo luogo l’obbedienza alla parola che spinge al largo, che comanda di pescare ancora, di non abitare nella rassegnazione, nel risentimento, nello scoraggiamento. Gesù ha una parola per ciascuno, ha una parola per ogni situazione. La disponibilità ad ascoltarlo apre vie insperate, offre speranza. Gesù ha una parola affidabile, offre una speranza per cui merita di vivere e di partire. La parola di Gesù guida alla pesca sovrabbondante, la parola di Gesù chiama a percorrere nuove strade: non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini.

In terzo luogo lo stupore per ciò che il Signore opera: lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui.

In quarto luogo il riconoscere il proprio limite, la propria inadeguatezza: allontanati da me perché sono un peccatore. Quando si comprende la grandezza di Dio e il suo irrompere nella propria vita si prende consapevole della sproporzione e si avverte la vertigine nel contemplare la sua gloria.

Infine la decisione: sulla tua parola getterò le reti … lasciarono tutto e lo seguirono.

 

La figura di san Josemaria Escrivá de Balaguer ispira la nostra sequela di Gesù, il suo insegnamento ci aiuta a riconoscere che la cosa importante non è il successo o il fallimento. È importante invece incontrare Gesù e obbedire alla sua parola.