Sono tra i primi ad aver redatto un Bilancio di missione e il risultato ha messo in evidenza i gesti che costituiscono la comunità cristiana: non solo amministrare beni che giungono dalla generosità, ma forme sempre nuove di mettere in comune quello che si può.
«Rendere conto e rendere grazie»
«L’idea di redigere il Bilancio di missione è nata dalla proposta della Diocesi – spiega Ugo Pavanello, diacono della Comunità pastorale Giovanni Paolo II di Milano -. Abbiamo ritenuto interessante provare a rappresentare la nostra vita reale in modo diverso dai soliti numeri aridi e a volte non semplici né da commentare, né da capire. La redazione del Bilancio di missione è stata corale, nel senso che il Consiglio affari economici ha redatto una prima bozza sulla scorta dei suggerimenti diocesani, successivamente integrata con i contributi dei vari gruppi parrocchiali e poi rivista dal Consiglio pastorale. Questa redazione è stata davvero un “rendersi conto” delle tantissime aree in cui la Comunità è presente e opera. L’esperienza è stata particolarmente significativa per il settore Caritas. Infatti, nel bilancio/rendiconto diocesano degli anni scorsi di Caritas si parlava solo in termini monetari: nel Bilancio sociale abbiamo cercato di valorizzare gli interventi in natura. Ci siamo chiesti: quanto vale un pacco alimentare? E un’ora di doposcuola? E un completo di vestiario? E così abbiamo scoperto che – sia come entrate, sia come uscite – era davvero elevato il controvalore degli interventi: circa 90 mila euro annui, di cui appunto non ci rendevamo conto».
E ancora: «Attraverso i vari capitoli di entrate e uscite, abbiamo anche cercato di “rendere conto” in modo più comprensibile delle varie aree di attività: educativa, liturgica, immobiliare e così via, di modo che risultassero evidenti le maggiori necessità, ma anche i miglioramenti intervenuti, per esempio nell’utilizzo degli immobili verso enti del sociale. Questo era particolarmente importante data la difficile situazione finanziaria della parrocchia. Infine, il Bilancio è stata un’occasione di “rendere grazie”: al Signore, anzitutto, per l’esperienza di Chiesa che ci dona di fare; alle tantissime persone che danno il loro contributo alla vita della comunità, creando un valore anche economico condiviso in varie forme soprattutto coi soggetti più fragili; a tutti i fedeli che in vari modi, dalle offerte alla raccolta viveri, sostengono ogni giorno la vita della Comunità».
«Non solo numeri»
Perché un Bilancio di missione? Lo spiegano bene dalla Comunità pastorale Madonna dell’Aiuto di Gorgonzola. «La Comunità pastorale, come le parrocchie che la compongono, non è un’azienda che mira all’utile economico, ma una esperienza di Chiesa che attraverso il culto, la carità e la catechesi annuncia il Vangelo – sottolinea il parroco don Paolo Zago -. Pertanto il suo “bilancio” non può essere meramente economico. Essa esiste come esperienza di comunione per la missione, per l’annuncio del Regno alla gente del territorio. Si tratta perciò di provare a redigere un “Bilancio di missione”, che non si esaurisce solo in una serie di numeri, ma li comprende all’interno di una visione (missione) più ampia. Come ha sottolineato l’Arcivescovo nella sua recente visita pastorale, la Comunità pastorale, porzione della Chiesa locale e all’interno della missione della Chiesa universale, è chiamata a far comprendere come il Vangelo si incarna nella vita e nella storia della gente: in rapporto a questo fine vanno valutate le sue iniziative interne e rivolte all’esterno (cioè oltre l’aspetto liturgico e catechetico in senso stretto)».