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Intervista

Sinodo digitale, più missionari che influencer

Il sacerdote ambrosiano don Marco Ferrari illustra il progetto internazionale «La Chiesa ti ascolta», che mette in rete persone presenti a vario titolo nei social: «È il tentativo di istituire una presenza fissa nel web, caratterizzata dalla fraternità tra i componenti e dal fine di evangelizzazione»

di Annamaria BRACCINI 

15 Giugno 2024

Un progetto importante, che coinvolge tanti Paesi del mondo, per rispondere a un’esigenza precisa e, si potrebbe dire, con un grande futuro davanti a sé. È «La Chiesa ti ascolta» (traduzione italiana del titolo originale in spagnolo), iniziativa che coinvolge anche don Marco Ferrari, sacerdote diocesano dal 2017 e presente sui social.

Qual è l’origine de «La Chiesa ti ascolta»?
Il progetto nasce al termine della prima sessione dell’assemblea ordinaria dei Vescovi. Alla fine del Sinodo, infatti, è stato pubblicato un documento di sintesi, al cui capitolo 17 si affronta il tema della presenza della Chiesa nell’ambiente digitale. Lì si fa un accenno preciso al desiderio di proposte e si chiede che venga istituita e promossa, a tale scopo, una rete tra influencer e persone di fede cattolica e non cattolica già presenti in rete. «La Chiesa ti ascolta» è, quindi, il tentativo di istituire una presenza fissa della Chiesa nel web.

Perché si parla di missionari digitali nel progetto e non di influencer?
Abbiamo avuto un incontro a Roma, organizzato dalla Fondazione Fratelli Tutti a fine settembre 2023, in cui ci siamo conosciuti e abbiamo incontrato anche il Papa. Si è trattato di un’esperienza che ha coinvolto persone in tutto il mondo. Il raduno è stato la prima occasione di incontro “in presenza” per i missionari digitali di lingua italiana. È sembrato che l’espressione influencer – che fa riferimento soprattutto all’America Latina – racconti una modalità di presenza in rete e di community, che può richiamare obiettivi di promozione personale o pubblicitari. Mentre missionari digitali ci pare sottolinei l’aspetto, per noi essenziale, dell’annuncio del Vangelo. 

Quali sono stati i temi trattati nel convegno?
L’incontro di Roma si è inserito nel meeting internazionale «Be Human», voluto da papa Francesco, per promuovere la fraternità nel mondo anche tra religioni diverse. Quest’anno è stato creato il Tavolo del digitale ed è stato invitato il progetto «La Chiesa ti ascolta» che, a livello italiano, coinvolge intorno alle 70 persone, ma a cui partecipano moltissimi influencer cattolici e non cattolici, anche semplicemente famosi. Abbiamo elaborato la proposta di fare rete tra noi e di riuscire a tenere viva questa rete non solo attraverso eventi, ma anche con una pubblicazione costante di contenuti, in modo da coinvolgerci in una più ampia rete di fraternità.

Qual è lo scopo ultimo di questo cammino? 
L’obiettivo è esserci, perché il digitale non è solo più un mezzo di comunicazione, ma un luogo in cui si abita, si vive, si sperimentano gli affetti ed esperienze. La Chiesa non può non esserci perché l’uomo c’è già.

Nell’incontro di Roma vi sono state parole-guida positive. Qualcuno ha deciso di scegliere termini per interrogarsi sul fenomeno degli odiatori in rete?
Il lavoro del Tavolo è stato quello di partire dalle difficoltà che sperimentiamo sul web come cristiani, come uomini e come fratelli, per comprendere cosa impedisca la fraternità in rete. Subito sono emerse la disinformazione e la violenza verbale che polarizzano i contenuti. Per questo abbiamo preferito partire dalle parole positive.