«Lungo un fiume guardavo le canne in silenzio per mezz’ora, improvvisamente sono apparsi gli occhi di un cervo che mi fissava. Questa è l’adorazione: scoprire gli occhi di Cristo che mi guarda».
Incuriosisce e coinvolge in un “viaggio” spirituale e umanissimo nel cuore dell’uomo, del suo rapporto con gli altri e con Dio, il saggio di don Vincent Nagle dal titolo Davanti al Re. Sotto lo sguardo di Cristo. Edito da Ares, il volume, articolato in 28 capitoli, affronta tali situazioni alla luce dell’esperienza quotidiana dell’autore, nato in California nel 1958, laureato in Sociologia, Studi classici, Lingua araba e Storia della religione islamica. Ordinato sacerdote nel 1992 nella Fraternità dei Missionari di San Carlo Borromeo, attualmente è cappellano della Fondazione Maddalena Grassi a Milano. Lunedì 27 maggio, dalle 18, nella parrocchia di San Carlo alla Ca’ Granda, dopo la celebrazione della Messa e l’adorazione eucaristica, a dialogare sul libro saranno l’Arcivescovo e don Nagle, con la moderazione di Alessandro Pirola, presidente delle Fondazioni Grassi e As.Fra (vedi qui la locandina).
All’autore abbiamo chiesto da dove nasca questa sua pubblicazione, che reca la postfazione di monsignor Massimo Camisasca: «È il risultato di ciò che ho vissuto e vivo, raccoglie i testi delle meditazioni con cui concludo i momenti di adorazione eucaristica da me proposti nella parrocchia di San Carlo Ca’ Granda».
Qual è il “filo rosso” che lega tanti capitoli apparentemente molto distanti tra loro?
Emergono dall’esperienza dell’adorazione, stando in ginocchio davanti al Santissimo e, quindi, dall’incontro vivo, reale e quotidiano con lo sguardo di Cristo, e con il suo essere presente in ogni momento della giornata e dell’esistenza. In questo modo, dopo l’adorazione, nei pochi passi che mi separano dall’inginocchiatoio all’ambone, mi tornano alla mente volti, persone, situazioni, eventi. Come nell’esempio citato all’inizio, percepisco lo sguardo del Signore sempre fisso su noi, suoi figli.
L’ultimo capitolo del libro raccoglie alcune testimonianze di malati terminali: lei è spesso al loro capezzale. Come prendersi cura di chi soffre tanto?
Facendoci vicini, tenendosi la mano, guardandosi, aiutando così a percepire la straordinaria forza di Dio e maturando insieme nella consapevolezza che Lui è qui, anche nelle situazioni più disperate. Vivendo la compagnia con chi soffre, assistiamo insieme all’opera della Sua presenza. Faccio un esempio. Una sera mi telefona un amico carissimo, sconvolto perché il padre separato di due bambini piccoli di una famiglia che aiutava – dal punto di vista materiale, ma soprattutto spirituale, visitando, ogni settimana da molti anni, la casa della nonna e della mamma -, aveva ucciso i figli. Di fronte a questo dramma il mio amico non trovava il coraggio di recarsi in quella casa per confortare le due donne, perché lui stesso non aveva più nessuna certezza. L’ho inviato a recarsi da loro come un povero tra i poveri, senza portare nulla se non un cuore che soffre, dando però voce a quella domanda che i familiari delle vittime innocenti non riuscivano a formulare: «Dove sei Tu Signore, dove sei?». Ha potuto così unirsi al dolore della famiglia, ritrovare e comunicare la presenza di Dio. La settimana successiva, il giorno del funerale ha rappresentato per tutta la comunità locale un momento di grazia speciale, di stupore e comunione. Egli è qui ed opera continuamente.