Marcello mio è un film complesso da decifrare per lo spettatore. Lo è a partire da quello che suggerisce il titolo. Da una parte c’è il “mio”, ovvero un ritratto privato di una figlia (Chiara Mastroianni) e di una madre (Catherine Deneuve) verso il “loro” Marcello Mastroianni.
Quando è così, quando cioè il film di Christophe Honoré diventa una cosa di famiglia, è caldo e sorprendentemente appassionante. Quando diventa teorico, metacinematografico, si raffredda. Per fortuna è una parte marginale di un’opera che si concentra soprattutto sul Marcello del titolo. Uomo privato e mito pubblico.
In questo film di finzione gli attori interpretano sé stessi. Sul set di un film la regista Nicole Garcia chiede a Chiara di essere meno “Deneuve” (sua madre) e più Mastroianni (suo padre). Si guarda allo specchio. Il suo volto è sempre più simile a quello dell’uomo. In uno sdoppiamento più cinematografico che psicoanalitico la figlia inizia a vestire i panni del genitore. Il mondo di attori intorno a lei non la ferma. Sanno tutti che in quella maschera lei non sta solo incontrando quella persona così cara eppure così distante, ma la sta offrendo ancora una volta al mondo.
«Abbiamo una morte sola, ma almeno tre vite» si dice in un punto in cui chi guarda si trova ad essere come Fabrice Luchini, desideroso cioè di godersi qualche giorno con la star che rivive nel corpo della figlia (è pazzesca la somiglianza). Si viaggia nei ricordi privati, che però diventano cinema. Resterà impressa l’immagine migliore: quella di una figlia e un padre che ascoltano, stesi sul pavimento, le prove della Callas, loro vicina di casa.
Il trucco e le maschere che avvicinano i vivi e i morti, il presente e il mito, sono fondamentali in questo film fatto di incontri e riconoscimenti. C’è anche una trasmissione Rai dentro il film, in cui Chiara viene ospitata. È la parte meno riuscita di un’opera che procede a sobbalzi. Tra momenti troppo compiaciuti nel discorso “meta” e altri di una sincerità che scaturisce dal cuore di una famiglia messo in scena con ironia e passione.