Condividere una fotografia. La rivoluzione digitale ha diffuso una ossessione per le fotografie: fotografare tutto, fotografare subito, fotografare in fretta. Ne vengono per lo più immagini discutibili, di gambe tagliate, di luci sbagliate, di smorfie inopportune.
Si rischia di dimenticare che la fotografia potrebbe essere un’opera d’arte: ci vuole tempo, competenza, pazienza di attendere, strumenti adeguati. Insomma anche fotografare può essere una esperienza “spirituale” che attraverso l’obiettivo riconosce nella realtà un messaggio, un invito, una provocazione.
Il Bilancio di missione della nostra Chiesa è frutto di una esperienza spirituale: ha richiesto tempo, ha impegnato a mettere in ordine i capitoli, a interpretare i numeri come un linguaggio che parla di persone, di servizio, di attenzione ai bisogni delle comunità e delle persone, di limiti, di invocazioni.
Ha richiesto competenza per elaborare con precisione i dati e proporli alla lettura in modo che siano comprensibili come un messaggio, piuttosto che come tabelle di cui importa solo il numero finale.
Ha richiesto collaborazione, confronti tra persone di diverse competenze che si sono disposte volentieri all’opera comune.
Pertanto il Bilancio di missione si può ricevere e leggere per vivere una esperienza spirituale: invita a considerare la bellezza e i limiti della Chiesa che amiamo; suscita ammirazione per l’immenso bene che si compie; invita ciascuno e ciascuna comunità a porre domande e a interrogarsi sulle proprie responsabilità.
Ecco, è come una fotografia: non solo un documento, ma un messaggio.
+ Mario Delpini
Arcivescovo di Milano