Uno sguardo circa il rapporto tra Chiesa e intelligenza artificiale è venuto dal convegno Comunicazione artificiale o informazione intelligente? – Le sfide etiche e deontologiche dell’AI per giornalisti e comunicatori, che si è tenuto sabato 4 maggio nell’Aula Sant’Agostino dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Come da tradizione per il primo incontro del corso «La parrocchia comunica», tornato dopo una pausa di sei anni, era aperto non solo a quanti, nelle parrocchie e nelle associazioni, si occupano di comunicazione sociale, ma anche ai giornalisti professionisti, categoria tra le più sensibili agli sviluppi dell’intelligenza artificiale.
I saluti degli organizzatori
Nel suo saluto iniziale, Stefano Femminis, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali diocesano, ha ringraziato le varie componenti del convegno, soffermandosi in particolare sui comunicatori: col loro aiuto, ha affermato parlando anche a nome dei colleghi giornalisti dei media diocesani, «vogliamo creare una comunicazione della diocesi sempre più efficace e al passo coi tempi».
Monica Forni, in rappresentanza di UCSI Lombardia, ha ricordato che proprio ieri ricorreva il sessantacinquesimo anniversario dell’associazione, i cui fini rientrano nello spirito del convegno medesimo. L’ultimo saluto è venuto da don Antonio Rizzolo, AD del Gruppo Editoriale San Paolo, le cui riviste hanno recentemente proposto molti spunti di riflessione su comunicazione e nuove tecnologie.
La prolusione di monsignor Ruiz
La prolusione, affidata a monsignor Lucio Adrián Ruiz, segretario generale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, ha indicato anzitutto che «non siamo davanti a degli strumenti, siamo davanti a una nuova cultura»: più che sull’uso del dispositivo, dunque, ci si deve concentrare sul suo impatto culturale. In questa nuova cultura tutti siamo immersi, anche coloro che non ne hanno accesso ma ne sono influenzati.
Alla base di questo cambiamento culturale è l’educazione, intesa come «assumere le possibilità e i rischi, sapendo di doverli gestire», e che inizia da una formazione alla libertà e alla responsabilità, così da non soccombere né alla massa né agli algoritmi che, come ricorda papa Francesco nel Messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, non sono neutri. Professionisti e appassionati della comunicazione, pertanto, non devono perdere tempo né lasciarsi impaurire, perché il futuro della nostra specie dipende anche dal rapporto che avrà con le macchine e le tecnologie.
Tre punti di vista nella tavola rotonda, tra psicologia e giornalismo
Il convegno è entrato nel vivo, dopo il video con tre brevi testimonianze di Giancarlo Loquenzi(conduttore di «Zapping» su Rai Radio1), Riccardo Sorrentino (presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia) e monsignor Davide Milani (prevosto di Lecco e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo), con la tavola rotonda coordinata da Martina Pennisi, giornalista del Corriere della Sera, che ha accolto tre punti di vista sulle riflessioni suggerite da papa Francesco nel suo Messaggio per la 58ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
Per Antonella Marchetti, professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione, direttore del Dipartimento di Psicologia della Cattolica di Milano, l’intelligenza artificiale – anzi, le intelligenze – vengono a volte adoperate per prendere decisioni, specie quando l’incertezza genera ansia. Occorre allora un approccio che unisca tecnologia e umanesimo e sia multi o transdisciplinare: solo così potrà portare frutti buoni per tutti.
Pietro Saccò, come giornalista di Avvenire, ha ammesso che l’AI sta dando un forte aiuto nelle fasi di elaborazione del racconto di una notizia, ma le manca il cuore, a cui papa Francesco ha fatto riferimento anche nei tre Messaggi dedicati alle comunicazioni sociali.
Comunicatori e giornalisti, testimoni di una Promessa
Il terzo partecipante al tavolo, don Luca Peyron, co-fondatore del servizio per l’Apostolato Digitale della diocesi di Torino, ha fatto notare che quello che ha da dire la Chiesa su questo tema è particolarmente richiesto al di fuori di essa: questo conferisce al cristiano il ruolo di testimoniare, o meglio, di «mostrare per trasfigurazione» quello che lo convince.
In un tempo dove, anche per quel che riguarda il rapporto con la tecnologia, si tende a demandare anche troppo, l’unica soluzione è tornare ai Comandamenti, per ricordare all’uomo che i suoi desideri devono essere lo sprone per «raccontare, attraverso la tecnologia, che siamo depositari di una Promessa».
Le suggestioni di questo convegno verranno riprese anche nei prossimi incontri de «La parrocchia comunica», il 18 maggio e il 1° giugno. I corsisti sono già pronti a vivere nuovi incontri, nuove relazioni e occasioni per testimoniare l’umanità viva presente nelle nostre comunità, anche con qualche aiuto digitale.