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Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo (Gen 28,10-22)

Animatori liturgici “La liturgia ci prende per mano … per introdurci nel mistero”, Castellanza – 16 marzo 2024

16 Marzo 2024

1. In viaggio, in fuga, in ricerca

La vicenda di ciascuno, come quella di Giacobbe, attraversa momenti drammatici, inquieti, problematici. L’incontro con il Signore, la preghiera, la celebrazione non attendono la condizione ideale, il momento propizio, il luogo adatto. Dio “ti aspetta” anche quando sei un vagabondo di cui nessuno si interessa, ricercato da un fratello che vuole sfogare con la vendetta la sua ira. Ogni situazione può essere occasione per ascoltare la promessa di Dio, trovare incoraggiamento per portare a compimento la missione, interpretare la propria condizione come abitata dalla presenza di Dio.
L’incontro è iniziativa di Dio: il protagonismo affaccendato di chi “abita il tempio”, per quanto possa essere animato dalle migliori intenzioni, è sempre esposto al rischio di ignorare il desiderio del Signore e di distrarre dalla sua presenza. L’inerzia della routine può soffocare il desiderio dell’incontro e eseguire i riti senza entrare nel mistero che rendono presenti.

 

2. Il sogno.

Sognare è anche evadere, immaginare un altro mondo, cercare una parentesi in cui costruire una realtà inesistente per nascondere le asprezze della realtà. L’altro mondo, quello sognato, può diventare una specie di prigione in cui la libertà si stanca e non vuole più scegliere, l’immagine di sé e degli altri si rovina e si dissolve in una apparenza. Vivere di immagini sottrae alle durezze del vissuto e alle sue sfide; uno si convince di abitare un altro mondo e quello che di fatto avviene attorno a lui, le persone che incontra diventano cose estranee, evanescenti, indifferenti. La distrazione può essere patologica. Come si cura?

Il sogno in molte pagine della Sacra Scrittura è invece una rivelazione che offre lo sguardo di Dio sulla realtà, che offre le risposte di Dio alle domande inquietanti, la consolazione di Dio per le ferite, la missione che Dio affida. Così i sogni di Giuseppe, figlio di Giacobbe; così i sogni di Giuseppe figlio di Davide, sposo di Maria.
La celebrazione liturgica che introduce al mistero introduce in un “altro mondo”, non quello della evasione fantastica, ma quello dell’incontro don Dio.
La cura per la celebrazione liturgica si fa carico di propiziare l’incanto, di predisporre all’ascolto, perché Dio possa parlare, avvolgere con la sua luce, infondere il suo Spirito di sapienza e di fortezza. Con quali attenzioni si può “propiziare l’incanto”?

 

3. La celebrazione per accogliere la promessa e decidere l’obbedienza.

Il mistero di Dio si rivela attraverso gli angeli: salgono e scendono per dire la trascendenza e insieme la prossimità. Dio manda i suoi angeli come segno della sua provvidenza e sollecitudine. Coloro che si prendono cura della celebrazione si studiano di essere angeli di Dio.

Nell’abitare il mistero la comunità non si riduce a una qualsiasi casuale compresenza, ma diventa comunione, la presenza degli altri non si riduce a coincidenza, ma diventa incontro.

L’esperienza personale dell’incontro cerca la celebrazione, desidera porre una pietra unta con olio che rimanga memoriale della rivelazione ricevuta, si propone di edificare la casa che ospiti la gratitudine. I segni che distinguono il tempio parlano, potrebbero parlare, di quella notte, di quel sogno, di quella vita nuova che è cominciata, di quel modo nuovo di vedere il mondo, ispirato dalla promessa di Dio.