Non si trovano molte storie d’amore che esordiscono con una accusa di violenza. Nemmeno se ritrattata come uno spiacevole inganno della memoria. Eppure ad un certo punto Memory di Michel Franco osa l’impensabile: cestinare le coordinate di un rapporto romantico per entrare nel thriller. Dura un attimo solo, ma è importantissimo.
Sylvia (l’attrice premio Oscar Jessica Chastain), si accorge di aver accusato l’uomo sbagliato. Lui è Saul interpretato da Peter Sarsgaard, premiato a Venezia come miglior attore. Si sono incontrati a una festa. Lei è un’ex alcolista con il trauma della violenza alle spalle, e la madre sostiene sia una mentitrice seriale. La sorella la tiene vicino con la giusta prudenza. Mentre tornava a casa dal party è stata seguita da Saul, che si è appostato sotto casa. L’apparente stalker è solamente confuso e spaventato: è afflitto da una demenza a esordio precoce, e vive con il fratello che si prende cura di lui.
È un incontro tra due vite speculari che risveglia dei fantasmi. Per un attimo Sylvia pensa che sia lui il ragazzo – ora uomo – che tormenta i suoi ricordi. È un errore della memoria traumatizzata.
Memory non mette a tema la violenza, e nemmeno la malattia, parte invece da questa confusione per approdare a una storia di amore vero; quello di due anime perse nel labirinto della realtà soggettiva che trovano il modo di ancorarsi al reciproco presente. Sylvia si rivela un personaggio inaffidabile. Saul pure. Tuttavia nel corso del film scopriremo quanto in realtà ciò che i due vivono, e che osserviamo rappresentato sullo schermo, sia autentico per loro.
Sono i ricordi che si fondono, si mescolano nel tempo, e bloccano le esistenze. Dimenticare può diventare un dono, che permette di superare i ricordi assorbenti, le esperienze che paralizzano.
Se il passato è instabile, solide sono invece le due interpretazioni in un film spesso fin troppo controllato e cerebrale, ma capace di smuovere quel sentimento tipico del genere romantico, in cui bastano due persone che si amano per salvarsi a vicenda.