Di fronte a una piaga sociale sempre più profonda, si allargano le maglie invece di stringerle. Si tratta del gioco d’azzardo, ormali dilagante soprattutto online.
Per contrastare questo fenomeno giovedì 29 febbraio la Consulta nazionale antiusura “Giovanni Paolo II”, che raduna le 35 fondazioni di matrice ecclesiale nel settore del contrasto del sovraindebitamento e della prevenzione dell’usura, ha inviato al Parlamento il documento «Richiesta di revisione del decreto legislativo sui giochi d’azzardo online» (leggi qui). Porta la firma di Luciano Gualzetti, presidente della Consulta (nonché direttore di Caritas ambrosiana e presidente della Fondazione San Bernardino, istituita dalle Diocesi lombarde), a nome del Consiglio direttivo. Il documento ricalca i contenuti dell’audizione alla Commissione VI della Camera lo scorso 13 febbraio: esprime «riserve e critiche sui contenuti del decreto legislativo», oltre che «sul metodo seguito per la definizione del provvedimento», indicando «analiticamente le parti da correggere integralmente» e fa appello «al Parlamento, al governo, alle Regioni, ai Comuni e a tutte le persone di buona volontà esercitanti funzione pubblica di rappresentanza o di amministrazione, affinché si provveda a urgente revisione dell’impianto normativo sui giochi d’azzardo online». Ne parliamo con Luciano Gualzetti.
Quanto è grave la diffusione del gioco d’azzardo, soprattutto quello online?
Bisogna iniziare a non sottovalutare il problema, perché stiamo assistendo a un progressivo aumento delle giocate. In Italia siamo arrivati a una raccolta che sfiora i 150 miliardi di euro nel 2023, erano 136 nel 2022, 111 nel 2021, per la pandemia era scesa a 80, nel 2019 110 miliardi. Oltre 21 miliardi giocati in Lombardia. Una crescita esponenziale che segue un aumento delle possibilità di gioco: in passato prevalentemente “fisiche”, oggi assistiamo al superamento delle giocate online, che comporta più frequenza e comodità. Tutto questo ci preoccupa, perché non possiamo dire che tutti i giochi sono uguali, ma neanche che l’azzardo sia un gioco, perché insidia l’equilibrio soprattutto delle persone più fragili, non solo economico, ma anche della propria vita, del tempo, dell’uso del denaro, delle relazioni. Molti giocatori poi si ritrovano da soli, perché rompono tutti i rapporti diventando il gioco un assoluto per il quale dedicare sempre più tempo, più soldi, più attenzione. La cosa che ci preoccupa è che si sta sottovalutando tutto questo come se fosse solo una questione di economia reale. In realtà questo dovrebbe essere secondario rispetto alla salute delle persone.
In concreto quali proposte avanzate per contrastare questa piaga?
Intanto non tornare indietro. In questi anni abbiamo coinvolto tante realtà, non solo quelle che lavorano per la salute dei cittadini e il contrasto all’azzardo. Con noi c’erano anche Comuni e Regioni, che hanno capito la priorità della salute dei cittadini e che non devono lasciarsi convincere dalle campagne che cercano di far vedere il gioco come un divertimento, un fenomeno economico che porta lavoro. Quindi non considerare il gioco solo come un’attività economica e imprenditoriale, ma mettere al primo posto il valore costituzionale della salute dei cittadini. Anche perché le entrate erariali del fisco rispetto al raccolto sono molto basse: si è passati dal 28% del 2004 all’8% nel 2022. Altro aspetto è non tornare indietro rispetto al divieto di pubblicità. Si stanno cercando tante strade per aggirarlo, soprattutto nel campo delle scommesse sportive. C’è una nostra forte richiesta di vietare la pubblicità con sponsor. La si maschera con campagne di educazione al gioco responsabile, ma sono tutte pubblicità di offerte d’azzardo che però intrappolano molti. Calcoliamo che su 18 milioni, che hanno giocato almeno una volta all’anno a una delle offerte fisiche o online, circa il 3% è problematico.
Un fenomeno molto preoccupante riguarda il coinvolgimento di minori…
Esatto. I minori vengono introdotti in una realtà che dovrebbe essere vietata. Però attraverso le scommesse sulle attività sportive, su partite di calcio, di rugby, di tennis, sono molte le offerte che arrivano a chi apre un conto online o si iscrive a queste piattaforme, con una capacità di penetrazione che supera le barriere. Il giocatore non è solo quello che subisce e vive il disagio dell’azzardo, ma è tutta la famiglia che viene tirata dentro dal punto di vista economico e delle relazioni.
Quanto è presente la criminalità organizzata in questo settore?
Non dobbiamo dimenticare che uno dei motivi, che aveva portato lo Stato a proporre il gioco d’azzardo (o gioco pubblico, come viene chiamato) regolamentato dallo Stato con assegnazioni delle concessioni alle aziende, gestendo il gioco legale, era che facendo così si eliminava il gioco illegale. In realtà è dimostrato da tante indagini che laddove aumentano le offerte di gioco d’azzardo legale, cresce la capacità della criminalità organizzata di infiltrarsi, di gestire direttamente anche il gioco legale, oltre che continuare con le bische clandestine.
Un esito quasi scontato dell’azzardo è la necessità di avere denaro attraverso l’usura…
La Fondazione San Bernardino incontra molte persone che sono indebitate e quindi a rischio di usura, perché chi è indebitato se non sa a chi rivolgersi rischia di cedere alle offerte di denaro facile. Siano famiglie siano imprese, il vero problema soprattutto in realtà ricche come la Lombardia è che ci sono molti tentativi da parte della criminalità organizzata di penetrare l’economia legale e di incrociare i bisogni di denaro della popolazione offrendo denaro, entrando nella logica estorsiva o usuraria. Tutto questo viene aggravato dalla capacità della criminalità organizzata di gestire anche il settore dell’azzardo. Il gioco è una conseguenza della situazione di indebitamento di una persona, perché quando uno è indebitato per trovare la soluzione alla propria crisi di liquidità tenta la fortuna ed è chiaramente una soluzione irrazionale. Dall’altra parte giocando ci si impoverisce, perché alla fine vince sempre il banco. Anche se uno fa qualche vincita, a volte gli stessi giochi sono organizzati in modo tale che la devi rigiocare, perpetuando la dipendenza dall’azzardo.
Quale contributo dà il sistema bancario per sostenere la lotta all’usura?
Il sistema bancario è all’incrocio di tanti interessi. Ci sono banche molto sensibili e sono interessate a promuovere tutto ciò che è prevenzione rispetto ai disagi, ma dall’altra parte aprono conti online. Difficilmente riescono a rispondere ai nostri appelli di interrompere o di chiudere un conto online, perché ci sono i ricorsi delle aziende concessionarie di quei giochi, italiane e multinazionali. Quindi gli interessi economici sono rilevanti e sappiamo che le banche non sono insensibili alle pressioni di grandi capitali. Bisognerà fare qualcosa anche al livello di direttori di filiale per intervenire quando una persona prosciuga il proprio conto corrente per evidenti legami con l’azzardo e le scommesse. Però tutto questo va costruito.
Cosa può fare la comunità cristiana?
C’è un grande problema educativo che va affrontato e la Chiesa su questo c’è, non può non esserci perché ne va del futuro di queste generazioni. Soprattutto indicando le priorità, i valori che trasmettiamo ai nostri ragazzi: per arricchirsi non basta il colpo di fortuna anzi a volte fa male, ma bisogna studiare, lavorare, impegnarsi perché i propri progetti vengano realizzati anche con il legittimo guadagno economico. Ci sono giochi che promettono per 20 anni uno stipendio di 3-4 mila euro al mese. Dal punto di vista educativo non ci siamo, perché tutti per guadagnare il giusto, uno stipendio dignitoso, dobbiamo lavorare. Invece in quel modo si fa credere che con un colpo di fortuna si possono risolvere tutti i problemi o essere felici in eterno. Questa è un’illusione, perché anche quelli che vincono si rovinano per tanti motivi. C’è un problema educativo grande, con molte famiglie spaccate, attraversate da questi fenomeni. Quindi la Chiesa su questo sta cercando di fare molto, non solo per soccorrere le persone che sono già vittime di questi fenomeni, ma anche di cambiare la mentalità denunciando se necessario i meccanismi economici che portano a risultati assolutamente non positivi per la società.