Un film straordinario, ma non per tutti. Povere creature è uno di quei testi rari, capace di scandalizzare, sconvolgere, ma anche divertire ed essere amato profondamente.
Un’opera narrativa lineare che si pone però ai confini del cinema sperimentale. Il regista Yorgos Lanthimos, qui alla sua opera più costosa, non tradisce la sua vena d’autore fatta di idee filosofiche e di una messa in scena che rifiuta di lasciare indifferenti. La favorita, per intenderci, è il suo titolo più appetibile per il pubblico (ed è tutto dire). Per seguire le avventure di Bella Baxter, una notevole Emma Stone protagonista del film, bisogna prepararsi ad essere travolti da un’onda di immagini che non si dimenticano. Se ci si oppone, si rischia di soffocare, se ci si lascia trasportare, si riceve uno dei film più importanti della stagione.
Siamo in un mondo di fantasia, tra il gotico e lo steampunk, Godwin Baxter sta concludendo il suo esperimento più ardito. Ha trapiantato il cervello di un neonato morto nel cranio della madre. Bella, questo il suo nome, si risveglia come Frankenstein, bambina nel corpo adulto, con una gran voglia di scoprire ciò che c’è fuori dalla casa-laboratorio. Lanthimos riflette su corpo e anima, la padronanza di Bella della propria sessualità diventa un modo per farsi strada con gli altri. Il suo carattere si forma a partire dalle scoperte che fa. Lei, straordinario personaggio, è una forza che rompe gli schemi proprio grazie alla sua ingenuità.
Lo stile è volutamente deformante a partire dalla scelta delle lenti: fish-eye, mascherini, grandangoli inquadrano set dalla sconfinata immaginazione. Un film che può visualizzare tutto, è un film che può anche parlare di tutto. Così queste “povere creature” fiere delle loro deformità, perché derivanti dalla vita vissuta e dal dolore passato, riescono a porre tante domande sulla nostra libertà e sul bisogno di emancipazione. Tutto parte da un corpo che vive con i sensi la realtà in cui è immerso, e da un cervello che impara a conoscerla, a indignarsi e, infine, a cambiarla. Non importa come sia il nostro corpo, quello che conta è la vita che sappiamo metterci dentro.