Mettete 66 ragazzine arrivate da ogni Zona della Chiesa ambrosiana – tra cui 12 animatrici – , l’emozione per la visita dell’arcivescovo di Milano, le suore, qualche seminarista, i sacerdoti, lo splendido panorama di Pian dei Resinelli, vegliato dalla Grigna, una giornata di sole radioso (ma non equatoriale come in città), la serenità dell’accoglienza presso la Casa alpina “La Montanina”, e non sarà difficile immaginare quanto l’incontro tra il vescovo Mario (una piccola tradizione) e le giovani dell’ultimo turno dei gruppi femminili della “Tre Giorni Chierichetti” sia stato un momento di dialogo semplice dal tono quasi familiare ma, a suo modo, profondo. Di quella profondità folgorante che, a volte, hanno solo gli esordienti della vita, non ancora abituati a tante mediazioni culturali e mentali. Come Miriam che, per spiegare cosa sia per lei fare la chierichetta, dice: «Il Signore è come lo zucchero nel latte, non si vede ma di sente» o come Emily che, subito dopo, aggiunge: «Quando sono sull’altare e come se Lui fosse accanto a me».
L’Arcivescovo, al cui fianco c’è don Pier Paolo Zannini, direttore del Mo.Chi., il Movimento Chierichetti, guarda, ascolta, sorride nel campetto di basket della struttura dove si svolgono il dialogo e la preghiera, che ha per soffitto il cielo e per pareti i monti e il verde.
La prima domanda delle preadolescenti non può che essere se l’attuale successore sulla Cattedra di sant’Ambrogio e di san Carlo sia mai stato chierichetto.
«Lo sono stato dopo aver fatto la Prima comunione e, poi, sono diventato cerimoniere al mio Paese fino a che sono entrato in Seminario. Ci si rende utili, perché la Messa con i chierichetti è più bella. È un servizio semplice che aiuta a stare più vicino al Signore. Fare parte di un gruppo, inoltre, dona un senso di appartenenza che si ricorda nella vita».
Arriva un altro interrogativo: «Chi è Dio per lei?»
Immediata la risposta: «Lo ha detto Gesù con una frase che mi ha sempre colpito, “Dio nessuno lo ha mai visto, ma il Figlio unigenito ce lo ha rivelato. Questa domanda, che è impegnativa, ha una risposta nel Vangelo: Dio è Padre e noi siamo figli grazie allo Spirito santo».
Ancora, «Quale talento pensa di avere l’Arcivescovo di Milano e come lo ha capito?». «I talenti sono le doti che ciascuno ha, io ho gli stessi che avete voi, una volta avevo quello di giocare come terzino a calcio o di studiare le lingue, ma ora voglio dirvi ciò che ho già detto agli animatori dell’oratorio feriale. Ci sono 5 talenti che abbiamo tutti. Il passato – la storia da cui veniamo, la famiglia, la parrocchia -; il presente in cui posso scegliere cosa fare e il futuro in cui sperare. E la Chiesa che è fare parte della Comunità.
«Come si comportava con gli amici che non credevano in Dio?»
«Noi ci appassionavamo a discutere, ma si rimaneva amici. C’era un sentimento che era più forte della differenza delle idee e questo è bello».
Infine, come sopportare la fatica e la domanda delle domande, come comprendere la vocazione.
«Io non faccio mai fatica, faccio un mestiere bellissimo, l’Arcivescovo di Milano, ho una vita tranquilla e felice, mi piace quello che faccio e farlo bene»
«Sono stato 8 anni in Seminario, ogni scelta può diventare una vocazione se la si fa per motivi cristiani, perché si vuole vivere come Gesù. La vera vocazione non è una predestinazione ma, comunque, una scelta a convertirsi nella certezza di essere chiamati a vivere come figli di Dio: è essere figli di Dio».
A conclusione, la preghiera e la spiegazione dell’immaginetta che il Vescovo lascia alle chierichette. «La gioia di Dio abita anche sulla terra e la sua gloria la riempie: questo è il messaggio. La gloria di Dio è l’amore che rende capaci di amare. Il mondo è come lo rendiamo noi. La preghiera, che scritto io stesso, è la risposta alle vostre domande sulla vita, Dio, la vocazione. Recitatela almeno una volta a settimana, magari il giovedì».
Infine, prima che l’Arcivescovo firmi il sussidio della “Tre giorni”, “#metticicuore”, portogli da ciascuna delle ragazzine, è don Zannini a richiamare il senso dell’iniziativa – un’esperienza breve, ma ignificativa, ormai collaudata, sempre dall’esito felice – e la rilevanza del ruolo dei chierichetti sottolineata anche dal vescovo Mario in ogni sua Visita pastorale, quando al termine della Celebrazione eucaristica, incontra appunto i giovanissimi impegnati nel servizio liturgico, regalando loro un numero speciale della “Fiaccolina”.