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Lutto

Franco Zeffirelli, la fede nella bellezza

Il grande regista è morto sabato 15 giugno a 96 anni. Indimenticabili i suoi film come "Romeo e Giulietta" e "Fratello sole, sorella luna", che hanno avvicinato a Shakespeare e a Francesco generazioni di spettatori in Italia e in tutto il mondo.

di Marco TESTI

17 Giugno 2019
JANE EYRE, director Franco Zeffirelli, on set, 1996. (c)Miramax

Era probabilmente il “lettore” più geniale di Shakespeare, dal punto di vista del cinema. Zeffirelli, scomparso sabato all’età di 96 anni, riuscì a interpretare la bellezza che si celava dietro i personaggi del bardo di Stratford on Avon. La sua famosa ripresa di Giulietta e Romeo, nel 1968, divenne un mito e i due giovani attori Leonard Whiting e Olivia Hussey, rispettivamente diciassette e sedici anni, incarnarono due icone che resero Shakespeare familiare a giovani che al tempo non lo avrebbero neanche mai sfogliato. Oltretutto la vicinanza dell’età degli attori a quella dei protagonisti della tragedia causò non pochi problemi: alla giovane attrice fu proibito di entrare a vedere il film perché in Italia era vietato ai minori, e lei, effettivamente, lo era.

Ma la cosa che più ha fatto il successo di quel film, e delle esperienze shakespeariane di Zeffirelli, è che il regista è riuscito a far comunicare fedeltà al testo originale, precisione quasi filologica delle ricostruzioni e immaginario collettivo di anni in cui la contestazione di tutto e di tutti imperava sovrana.

Il senso di bellezza, non solo fisica, ma legata alla irripetibilità di una stagione come quella dell’adolescenza, trapelava in ogni suo film, anche in quelli come Amleto, in cui l’oscurità degli abissi umani regnava sovrana: il personaggio di Ofelia interpretato da Helena Bonham Carter riesce ad esprimere nella difficile trasposizione filmica innocenza, desiderio, follia e sofferenza: esattamente come in Shakespeare. Ma è con Fratello sole sorella luna che il regista riuscì nell’intento di dare una dimensione universale al messaggio francescano attraverso l’uso sapiente della fotografia: secondo alcuni tradendo l’essenzialità indicibile ma solo praticabile del messaggio del Poverello, secondo altri riuscendo a rendere fruibile a tutti, anche grazie alla colonna sonora cantata in parte da Baglioni, e creando una vera e propria icona universale (musica, fede, natura, bellezza della semplicità) che ha avvicinato molti, soprattutto giovani, alla fede.

Anche nelle scelte private è stato sempre controcorrente: se da una parte si è dichiarato cattolico e omosessuale – accentuandone il contenuto di amore per la bellezza tipica della Grecia antica e del Rinascimento – d’altra parte ha sempre rifiutato la spettacolarizzazione e l’uso indiscriminato di alcune battaglie pubbliche gay, soprattutto riguardo l’adozione. Se ci si aggiunge il fatto che Zeffirelli era un trovatello, figlio di una coppia “clandestina” e che fu riconosciuto dal padre solo a 19 anni, e le radici paterne fossero nel borgo di Vinci, lo stesso di Leonardo (anche lui figlio non naturale), allora si ha il quadro completo di una quasi leggenda che trova nella bellezza, anche interiore, il suo centro di gravità. E che rappresenta una cultura dalle radici davvero antiche.