L’azione di riforma iniziata da san Carlo fu condotta coerentemente a termine dal cugino card. Federico Borromeo; la “facciata alla romana”, sospesa quando erano state quasi del tutto ultimati i cinque portali e le quattro finestre laterali, veri capolavori del manierismo milanese, fu ripresa attorno alla metà del secolo in forme gotiche secondo il progetto di Carlo Buzzi sostituendo al classico tema “colonne-trabeazioni” i contrafforti che già scandivano i fianchi. Completata la zoccolatura di base, inseriti i due ordini di altorilievi e i primi telamoni a reggere le esili nervature gotiche, i lavori della facciata vennero di nuovo sospesi e, per oltre centocinquant’ anni, il Duomo ebbe una fronte non finita, costituita da una muratura di mattoni.
Continuò invece la produzione di statuaria, dagli accenti sempre più barocchi, per decorare sia l’esterno sia gli altari interni e la cinta del tornacoro con i diciassette altorilievi con le storie della Vergine; si distinsero gli scultori Marc’Antonio Prestinari, il Lasagna, Giuseppe e Gaspare Vismara, Giovanni Andrea Biffi e Dionigi Bussola. Del tutto ferma, invece, la produzione di vetrate; il Seicento e il Settecento rappresentarono per questa arte due secoli veramente bui.