Ct 5,9-14.15c-d.16c-d; 2; Sal 18 (19); 1Cor 15,53-58; Gv 15,1-8
L’amato mio è bianco e vermiglio, riconoscibile fra una miriade. Il suo capo è oro, oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palma, neri come il corvo. I suoi occhi sono come colombe su ruscelli d’acqua; i suoi denti si bagnano nel latte, si posano sui bordi. (Ct 5,10-12)
Il simbolismo dell’amore monogamico esprime il senso profondo della conoscenza fra l’uomo e la donna. Il linguaggio dell’amore indica il dialogo tra l’umano e il mistero di Dio, ma nello stesso tempo dà all’amore umano una profondità imprevista. La conoscenza fra l’uomo e la donna non si manifesta unicamente nella relazione intima, ma esprime tutta la profondità del rapporto affettivo fra i due. Non è una conoscenza intellettualistica ma una conoscenza globale, è l’alleanza che implica un totale coinvolgimento. L’esperienza della fede è qualcosa che, parimenti, coinvolge tutta la vita, in quanto l’incontro col mistero di Dio, pur non appartenendo all’ordine dei sensi corporei, è qualcosa di così profondo e reale, da determinare l’intera esistenza. Così l’unicità della relazione fra un uomo e una donna rimanda all’unicità di Dio e alla singolarità della relazione con lui.
Preghiamo
Padre santo,
come uno sposo e una sposa sono l’uno per l’altra,
così tu sei l’unico Dio
e nella professione della nostra fede in te solo,
noi cresciamo nell’amore per te.
[“Appartenenti a questa via” – La sequela e il cammino verso la santità. Quaresima e Pasqua 2019 – Centro Ambrosiano]