A vent’anni dalla morte, avvenuta il 3 gennaio 2004 nel Policlinico di Milano, il ricordo del seminarista Alessandro Galimberti non viene meno. Non lo è stato negli anni precedenti, quando la chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo a Lissone (MB), sua parrocchia d’origine, si affollava – compatibilmente con le restrizioni in tempo di pandemia – di parrocchiani e fedeli venuti da altre località perché attirati, in vario modo, dalla vicenda di quel giovane, che nei suoi 23 anni di vita aveva cercato di essere «strumento di rivelazione» della presenza di Gesù, come ha lasciato scritto.
La vita in sintesi
Figlio maggiore di Luigi Galimberti e Maria Teresa Colombo, Alessandro nasce a Lissone il 10 gennaio 1980. Educato alla fede dai genitori e dallo zio materno don Ambrogio Colombo, ma spronato anche dall’esempio di due zie paterne suore di Maria Bambina, frequenta l’oratorio San Luigi della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Lissone, dove diventa anche chierichetto e responsabile del gruppo chierichetti.
Allievo delle Opere Salesiane di Sesto San Giovanni, precisamente del liceo scientifico a indirizzo tecnologico, annuncia ai genitori di voler entrare in Seminario. Insieme a lui, anche il fratello Davide manifesta lo stesso desiderio. Nel settembre 1999, quindi, i due fratelli iniziano il loro percorso: Alessandro frequenta il corso propedeutico nella sede di Venegono Inferiore, Davide il liceo.
Nella primavera del 2000 avverte i sintomi di una malattia autoimmune del sangue, tanto grave da essere ricondotta, ma non con sicurezza, a una leucopenia. Ad Alessandro importa poco: si ritiene invece un «sano malato» e s’impegna nello studio e nella vita seminaristica, come allievo del Biennio teologico a Seveso.
Viene ammesso tra i candidati al presbiterato nell’autunno 2002, in leggero ritardo rispetto ai suoi compagni di classe, a causa di un nuovo ricovero ospedaliero. Considera il Policlinico il suo «particolare Seminario» insieme a quello di Venegono, dove inizia il Quadriennio teologico; solo ad alcuni educatori e compagni confida la vera ragione delle sue assenze.
Il 13 dicembre 2002 è ricevuto in udienza, con i suoi familiari, da papa Giovanni Paolo II: da allora e per qualche tempo sembra essersi ripreso. Tuttavia, una grave infezione lo conduce in coma farmacologico; quando si riprende, è ormai in fase terminale. Muore il 3 gennaio 2004.
Il film in suo ricordo e gli scritti
Cinque anni più tardi, la casa di produzione cinematografica GPG Film ha realizzato Voglio essere profumo, un lungometraggio di finzione: tramite il passaparola, ha superato i confini della Diocesi, portando con sé la storia di Alessandro, a cui s’ispira.
Per il decimo anniversario, invece, monsignor Ennio Apeciti, che ha avuto il giovane come suo allievo a Venegono, ha curato la raccolta di gran parte dei suoi scritti, nel volume Voglio essere come profumo di nardo, edito da Marna.
Alessandro ha infatti lasciato riflessioni, lettere, articoli per il mensile del Seminario Fiaccolina e, soprattutto, poesie: queste ultime hanno accompagnato, anch’esse con una diffusione discreta, momenti di preghiera destinati soprattutto a religiosi, consacrati e giovani.
La Messa per il ventesimo anniversario
La celebrazione eucaristica per questo ventesimo anniversario, alle 18 di mercoledì 3 gennaio nella prepositurale di Lissone, vede attorno all’altare molti dei suoi amici di Seminario, ora sacerdoti. In loro e in quanti, per vari motivi, non possono essere presenti, si realizzano oggi i più grandi desideri di Alessandro: vivere il tempo di celebrare anche una sola Messa e donarsi ai fratelli, prendendo a modello il profumo di nardo che Maria, sorella di Marta e Lazzaro, riversò sui piedi di Gesù nella cena di Betania.