150 anni e non sentirli, anzi, sentirsi proiettati verso il futuro. Il Collegio San Carlo festeggia questo anniversario con un nutrito calendario di eventi, tra cui spiccano l’Udienza privata concessa da papa Francesco sabato 6 aprile e la celebrazione dell’Eucaristia nella Dasilica di San Pietro domenica 7 aprile. Non a caso, “Fiorirà come il giglio e spanderà le sue radici” recita, con la nota espressione del profeta Osea, il motto dell’anniversario, «proprio perché andare alle nostra radici è il modo con cui vogliamo celebrare il 150esimo», spiega don Alberto Torriani, succeduto nel febbraio 2017 al compianto monsignor Aldo Geranzani nel ruolo di rettore.
Con quale spirito vivete l’incontro con il Santo Padre?
Andare dal Papa significa confermarci non solo nella nostra fede, ma anche nel lavoro educativo e riconoscerci come comunità raccolta intorno a lui. Siamo oltre 3000 pellegrini, tra ragazzi (dalla scuola dell’infanzia fino ai licei), insegnanti, genitori, personale. Ci muoviamo come una famiglia.
Come nasce il Collegio San Carlo?
Il San Carlo nasce nel 1869 con 7 alunni, per il desiderio di creare un collegio nutrito dall’allora Arcivescovo di Milano, Luigi Nazari di Calabiana. C’erano già Collegi diocesani, ma non in città. Nel primo anno gli alunni residenti non avevano la scuola, ma già dal secondo anno si è iniziato ad avviare, oltre al Collegio e alla vita residenziale, anche la scuola. Oggi abbiamo circa 1950 studenti.
Quanti sono i docenti e qual è l’offerta formativa e scolastica?
Gli iscritti sono suddivisi dall’asilo nido ai licei. Da un paio di anni, offriamo anche l’IB Diploma Programme, che è un diploma internazionale. I docenti sono circa 250 e una quarantina di persone è impegnata nel supporto all’attività didattica. L’offerta è articolata in Asilo nido, Scuola dell’infanzia, Scuola primaria e Scuola secondaria di 1° grado, Liceo classico, scientifico, Liceo delle Scienze umane che sono Interculturali e quinquennali; inoltre, abbiamo il Liceo internazionale per l’intercultura, quadriennale (per il 50% in lingua inglese, con un progetto attivo da 8 anni) e, dal settembre 2017 è attivo l’IB Baccalaureato internazionale, con un percorso al 100% in lingua inglese.
Il Collegio ha anche una forte proiezione internazionale: proprio per il 150° avete realizzato un incontro presso l’Ambasciata d’Italia a Londra per confrontarsi sui nuovi trend dell’educazione in vista delle professioni del futuro…
Esatto. Nell’anno in cui celebriamo le nostre radici, celebriamo anche il futuro. Mi piace utilizzare questa immagine: il Collegio San Carlo è come andare in auto. In auto si guarda avanti, si sta attenti, però ci sono gli specchietti retrovisori e gli specchietti laterali. Non perché si debba viaggiare con la retromarcia inserita, ma perché, ogni tanto, fa bene controllare cosa c’è alle spalle. Ciò che per noi vuole dire essere fedeli alla nostra vocazione – costruita con gli anni – di cittadini del mondo. Per questo, nell’incontro avuto all’Ambasciata, abbiamo presentato una eccellenza della scuola italiana. Accanto a questo, ci apriamo al mondo anche in un altro modo: con un progetto di solidarietà.
In cosa consiste?
Ci siamo gemellati con la piccolissima Diocesi di Mosul-Qaraqosh, nel nord Iraq, dove la popolazione ha vissuto la ferocia e la violenza di Isis: dopo due anni di esilio, la gente è tornata nelle proprie case e alle parrocchie. È iniziato così un progetto di collaborazione e, soprattutto, di formazione. Sono stato in quella terra, con i miei collaboratori, nel mese di gennaio. Ci hanno chiesto: «Aiutateci non solo economicamente, ma fateci percepire ancorati a qualcuno, fateci sentire che anche noi siamo radicati in una Chiesa, in una comunità più ampia». Stiamo allora costruendo piani formativi per la neonata scuola cattolica diocesana “San Giuseppe”, attraverso un progetto di sostegno economico e progettuale. L’idea è quella di un modello educativo di “internazionalizzazione differente”, che ha preso il via lo scorso mese di settembre.
Quali sono, invece, i legami del San Carlo con la Chiesa ambrosiana?
Siamo un Collegio arcivescovile, quindi le linee-guida sono quelle che ci detta il nostro Arcivescovo. Con lui abbiamo promosso una riflessione e si è realizzato uno scambio molto bello durante le vacanze di Carnevale, nelle quali abbiamo interrotto l’attività didattica. Ci siamo presi del tempo per lavorare sulla nostra formazione e abbiamo avuto la gioia di avere, per un intero pomeriggio, l’Arcivescovo: dialogando, abbiamo approfondito quali potrebbero essere le sfide per il San Carlo e, in generale, per la scuola cattolica del futuro.
Gli studenti meritevoli, provenienti da famiglie che non possono permettersi quella che talvolta viene definita una scuola di élite, hanno la possibilità di studiare al San Carlo?
Per noi, ognuno dei 1950 studenti fa parte di un’élite, ma nel senso bello di dare a ciascuno la possibilità di fare un percorso non solo didattico, ma anche formativo. Mettiamo a disposizione Borse di studio e abbiamo studenti meritevoli e capaci, che mettono a frutto i loro talenti, o meglio, che imparano a metterli a frutto anche tra i nostri corridoi e nelle nostre aule. Una delle cose più belle di questi festeggiamenti è accaduta la settimana scorsa. Abbiamo inventato i giorni di imprenditività. Qualcuno mi ha detto: «Don, ma è l’autogestione!». No, l’autogestione non c’entra niente. All’inizio dell’anno scolastico abbiamo ingaggiato alcuni studenti dei Licei e abbiamo chiesto loro di organizzare dei giorni di scuola su alcune tematiche e orizzonti culturali di cui, per vari motivi, si fa fatica a parlare in classe. I ragazzi hanno lavorato davvero tanto in questi mesi. C’è stato perfino un servizio – io li prendevo in giro, ma era così – “di polizia”: i più grandi presidiavano i corridoi affinché nessuno potesse sciupare l’occasione di quella mattina diversa».