«Il tema della medicina rigenerativa e dell’uso delle cellule staminali adulte è complesso e delicato e si colloca in quello spazio privilegiato e anche incandescente del dialogo tra la scienza e la cultura». L’ha detto oggi in Vaticano il cardinale Gianfranco Ravasi, intervenendo alla presentazione del convegno internazionale “Cellule staminali adulte: scienza e futuro dell’uomo e della cultura”, che si tiene in Vaticano dal 9 all’11 novembre.
Il Cardinale ha illustrato i motivi della partecipazione della Santa Sede a questo evento internazionale che vede tra gli organizzatori anche la Stem for Life Foundation di New York, accanto a Stoq (Science Theology and the Ontological Quest), realtà emanazione del Pontificio Consiglio per la cultura, e alla Fondazione non-profit NeoStem (Usa). «La questione dell’uso delle cellule staminali – ha spiegato il Cardinale – è medica, ma anche scientifica, bioetica, culturale e filosofica. Per questo sono presenti in questa iniziativa tre realtà vaticane: oltre al Pontificio Consiglio per la cultura anche quello per gli operatori sanitari e l’Accademia per la vita. La mission oggi su questa frontiera è favorire a tutti i livelli il dialogo, così come già avviene con “Il cortile dei gentili”. In questo caso è proprio la scienza il luogo di confronto».
Nessun embrione sarà distrutto
«Ciò che mi affascina delle cellule staminali adulte è che noi stiamo usando quanto la saggezza divina ha posto nel nostro organismo per rafforzare i nostri corpi e superare malattie gravi. E mentre stiamo iniziando a fare questo, nessun embrione umano viene distrutto»: lo ha detto Tommy Thompson, già ministro dei Servizi Umani e Sanitari del Governo degli Stati Uniti. «Oggi sono molto contento di essere qui con voi in Vaticano – ha proseguito – perché con questo evento stiamo iniziando un nuovo processo, l’ingresso in una collaborazione scientifica che produrrà una “gara per le cure” per dare speranze al mondo intero». L’esponente politico ha aggiunto che intende «interpellare il presidente Obama per creare una commissione di livello presidenziale che coinvolga il settore privato delle imprese sanitarie e sviluppi queste importanti ricerche».
Alla conferenza stampa era presente Sharon Porter, statunitense, colpita alcuni anni fa da scleroderma, «una devastante malattia autoimmune». Il suo caso è stato indicato come una delle «prove viventi della validità dell’uso delle cellule staminali adulte». Infatti la Porter fu sottoposta a cure innovative con proprie staminali adulte al Northwestern Memorial Hospital di Chicago. Da allora la sua condizione è migliorata e ha recuperato quasi completamente la salute, contrariamente ai casi di cure tradizionali usati con quella malattia, dove non si registra guarigione, ma soltanto una qualche stabilizzazione della stessa.
Ricerche senza dilemmi etici
«In un futuro non troppo lontano – ha detto Robin L. Smith, amministratore delegato della NeoStem e presidente della Stem for Life Foundation, realtà coinvolte nell’organizzazione del convegno – saremo in grado di usare cellule staminali adulte per ricostruire tessuti danneggiati e per riparare organi quali il cuore. Tecniche sono già disponibili in questa direzione, per esempio in caso di attacchi cardiaci acuti». «Questi miracoli avvengono senza i dilemmi etici posti dall’uso delle cellule staminali embrionali – ha proseguito – perché lo studio e l’uso delle staminali adulte ci consente di procedere nella ricerca scientifica proteggendo al contempo ogni stadio dell’esistenza umana».
Don Tomasz Trafny, responsabile del dipartimento scientifico del Pontificio Consiglio della cultura, ha illustrato le fasi del convegno che riguardano gli aspetti medico, bioetico e culturale sull’uso delle cellule staminali. Ha ricordato che ai lavori prenderanno parte non soltanto medici e scienziati, ma anche filosofi, teologi, pensatori, politici ed economisti.
La storia della ricerca sulle “staminali”
Don Trafay ha anche richiamato la singolare storia della ricerca nel campo delle cellule staminali. «Nel 1896 – ha detto – Edmund Beecher Wilson, uno zoologo e genetista americano, in un’opera intitolata The Cell in Development and Inheritance, introdusse il termine “cellule staminali”, descrivendo lo sviluppo di un parassita chiamato Ascaris. La sua idea non si basava sulle evidenze scientifiche, bensì su una deduzione derivante dall’attenta analisi dei processi evolutivi». Ci sono voluti 65 anni, ha proseguito, perché «due scienziati, James Till e Ernest McCulloch, confermassero non solo la validità dell’intuizione di Wilson, ma conducessero un esperimento in cui sono stati capaci di provare l’efficacia rigenerativa di tali cellule selezionate e prelevate dal midollo osseo. Oggi, esattamente cinquant’anni dopo la pubblicazione dell’articolo di Till e McCulloch, la ricerca sulle cellule staminali adulte ha raggiunto un significativo stato di avanzamento che oltre a prospettare ulteriori sviluppi di tipo scientifico, pone importanti questioni di tipo filosofico, teologico, sociale, educativo e culturale».