Francesco voleva vedere con i suoi occhi il Bambinello adagiato nella mangiatoia, tra il bue e l’asino. Voleva contemplare il miracolo della Notte santa, come accadde ai pastori chiamati dall’angelo. Per questo, il 25 dicembre dell’anno di grazia 1223, ottocento anni fa, nel villaggio di Greccio, in terra di Rieti, dove vivevano cari amici che lo assecondarono nel suo desiderio, il Poverello d’Assisi fece predisporre ogni cosa per rivivere il Natale di Betlemme, fremendo d’emozione e di gioia, commuovendosi fino alle lacrime.
Molte sono le iniziative che in Italia e nel mondo si stanno realizzando per commemorare questo significativo anniversario. La grande famiglia francescana, in particolare, ha in programma una serie di manifestazioni che, iniziando in questi giorni, proseguiranno per un triennio, fino alle celebrazioni che ricorderanno, il 3 ottobre 2026, l’ottavo centenario della morte del fondatore, san Francesco d’Assisi.
Considerato universalmente come il primo presepe vivente, l’evento di Greccio è diventato il riferimento condiviso di ogni tradizione presepistica, avendo lasciato una memoria indelebile nella devozione popolare e avendo segnato, anche iconograficamente, l’amatissima rappresentazione artistica della Natività di Gesù. Ecco allora l’idea di una mostra diffusa in Lombardia su questo tema, realizzata grazie alla collaborazione di dieci musei della regione, che hanno selezionato opere già presenti nelle loro collezioni permanenti, evidenziandone la storia, l’importanza e il significato, e creando così una «rete» che unisce tante realtà culturali differenti in un unico progetto nel nome di san Francesco e nel ricordo del presepe di Greccio (info: www.fratefrancesco2026.it ).
Tra i musei aderenti all’iniziativa, promossa dalla Fondazione Terra Santa e dal Comitato «Frate Francesco. Centenari francescani in Lombardia», troviamo quello della basilica di Gandino e quello d’arte e cultura sacra di Romano di Lombardia, in provincia di Bergamo; oltre ai Musei diocesani di Brescia, Cremona e Pavia. Particolarmente significativa, naturalmente, è la presenza di enti ambrosiani, come la Pinacoteca Ambrosiana, il Museo dei Cappuccini, il Museo della basilica di Sant’Eustorgio, il Museo popoli e culture del Pime, tutti presenti a Milano, come anche il Museo della collegiata di Castiglione Olona, in provincia di Varese.
All’Ambrosiana l’opera particolarmente segnalata ai visitatori è il bellissimo «Presepe» di Federico Fiori, più noto come Federico Barocci, che in effetti è una delle «icone» della veneranda istituzione milanese. Si tratta di uno dei dipinti più amati dal creatore stesso dell’Ambrosiana, il cardinale Federico Borromeo di manzoniana memoria, che desiderava avere quotidianamente davanti agli occhi questa tela leggiadra, che mostra l’adorazione gioiosa di Maria per il Verbo incarnato, cogliendo, con felice invenzione, il momento preciso nel quale i pastori si affacciano timidamente alla stalla di Betlemme, con Giuseppe che si fa sulla porta ad accoglierli. Un dipinto identico si trova al Museo del Prado di Madrid, così che a lungo gli studiosi si sono chiesti se anche questo di Milano fosse di mano del pittore urbinate o di un suo copista: ma la qualità è talmente elevata che oggi la critica ritiene che si tratti di una replica realizzata dallo stesso Barocci, magari sollecitata dal Borromeo in persona.
Delle opere «natalizie» esposte al Museo dei Cappuccini di Milano segnaliamo in particolare la presenza in questi giorni di un capolavoro inedito ed entusiasmante come «San Francesco e santa Chiara in adorazione del Bambino Gesù» del fiammingo Gerard Seghers, realizzato attorno al 1625 (qui le informazioni). Ma nelle sale di via Kramer, 5 si possono ammirare anche altri dipinti di grande interesse, come l’incantevole «Adorazione dei pastori» seicentesca, di autore attualmente non ancora individuato, ma certamente di ambito veneto. Significativo, e non comune in queste rappresentazioni è il gesto di Maria che alza il velo per mostrare il piccolo Gesù, vero pane di vita, disteso su paglia con spighe di grano.
Dipinti poco noti, e quindi tutti da studiare e da scoprire, databili tra Cinque e Seicento, sono quelli esposti nel museo di Sant’Eustorgio. Mentre nella Collegiata di Castiglione Olona, che sta festeggiando il sesto centenario della sua fondazione, l’invito è quello di alzare lo sguardo per ammirare la «Natività» dipinta da Masolino da Panicale nel 1434, nell’ambito di un ciclo straordinario di affreschi in quella che è definita «l’isola di Toscana in Lombardia».
L’opera tuttavia più curiosa e «insolita» è quella proposta dal Museo del Pime: si tratta di una deliziosa «Madonna e Gesù Bambino», tra i fanciulli, dipinta dall’artista cinese Huang Ruilong nel 1941, convertitosi dopo l’incontro con monsignor Celso Costantini, protagonista del dibattito sul rinnovamento dell’arte cristiana e primo delegato apostolico in Cina. Un dipinto che dilata gli orizzonti del Natale davvero a tutto il mondo, senza confini geografici e culturali.