At 1,15-26; Sal 64 (65); Gv 1,43-51
Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione. (At 1,21-22)
La scelta del dodicesimo apostolo, ovverosia Mattia, in sostituzione di Giuda, avviene tra coloro che sono stati compagni di Gesù per tutto il tempo del suo ministero pubblico. La comunione di vita con Gesù è l’elemento fondamentale per la testimonianza apostolica. Ma tale testimonianza è definita poi in maniera del tutto singolare come un essere testimoni della risurrezione di Gesù. “Testimoniato” non è tanto il carattere particolare della persona di Gesù, ma l’evento centrale della sua risurrezione. Ma la risurrezione, in quanto non semplicemente rianimazione di un cadavere, bensì trasformazione da una forma di esistenza ad un’altra, non ha avuto né poteva avere testimoni. Essere testimone della risurrezione non significa aver assistito a quell’avvenimento ma essere garante, nella fede, che quel Gesù conosciuto e seguito durante l’esistenza terrena è apparso dopo la morte e quindi è ancora vivente. Non a caso Luca precisa che Mattia testimone «lo diventa»: nel collegio dei dodici che sono stati con Gesù si esercita nella maniera più autentica la testimonianza della risurrezione.
Preghiamo
Signore, non raramente ci sembra
che la barca della Chiesa faccia acqua da tutte le parti.
Donaci la grazia di riporre ogni fiducia in te,
fidando della forza dell’annuncio del Vangelo.
[“Appartenenti a questa via” – La sequela e il cammino verso la santità. Quaresima e Pasqua 2019 – Centro Ambrosiano]