At 5,26-42; Sal 33 (34); Col 3,1-4; Lc 24,36-49
Richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo. (At 5,40-42)
L’esperienza della persecuzione per il nome di Gesù rinsalda gli apostoli, rendendoli testimoni ancora più convinti della risurrezione del Signore. Scriveva Shahbaz Bhatti: «Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: “Io voglio servire Gesù da uomo comune”. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire».
Preghiamo
Signore Gesù,
rendici testimoni della potenza della tua risurrezione.
Poni in noi la gioia e l’ardore di proclamare
la tua vittoria pasquale sino ai confini della terra.
[“Appartenenti a questa via” – La sequela e il cammino verso la santità. Quaresima e Pasqua 2019 – Centro Ambrosiano]