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Economia

Giovani, la difficoltà di essere padri presenti verso i figli

La volontà ci sarebbe, ma solo uno su cinque di loro è pronto a ridurre il tempo di lavoro. Rosina (Osservatorio Giovani): «Frenano fattori culturali, ma anche un mercato dell’occupazione poco attento»

26 Febbraio 2019

Per gli uomini delle nuove generazioni è importante una realizzazione nella vita più ampia rispetto a quella lavorativa. Oltre al benessere economico viene assegnata crescente importanza ad altre dimensioni, come quella relazionale, che ha la sua espressione più alta nel rapporto con un figlio. Tale rapporto risulta più ricco durante tutto il corso di vita, se si crea un attaccamento solido fin dai primi mesi dalla nascita. I nuovi padri sono anche sempre più consapevoli che un maggior impegno all’interno della famiglia consente migliori equilibri nel rapporto di coppia, soprattutto se la moglie o la propria compagna lavora. A frenare però cambiamenti in questa direzione sono carenze strutturali e resistenze culturali, che pesano in modo differenziato nelle varie categorie sociali.

Alla luce di questa valutazione, l’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo grazie a un’indagine svolta a gennaio 2019 sui giovani tra i 20 e i 34 anni (campione rappresentativo nazionale di 2000 giovani) – con il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo – su lavoro e scelte familiari, offre un’interessante chiave di lettura sugli under 35 e il desiderio di paternità e il rapporto con il mondo del lavoro.

Secondo l’indagine tra gli uomini che hanno già avuto un figlio, l’11,8% dei laureati ha aumentato il tempo di lavoro per guadagnare di più, contro il 30,6% di chi ha titolo basso. Mentre tra quelli che non hanno ancora figli, il 20,4% dei laureati opterebbe per una riduzione del lavoro per stare con il figlio, contro il 16,9% di chi ha titolo basso. Aumenterebbe il lavoro il 29,5% dei primi contro il 34,6% dei secondi. Per circa la metà degli intervistati la scelta sarebbe quella di lasciarlo inalterato.

Dal lato dei padri, dunque, l’arrivo di un figlio porta a intensificare il lavoro, anziché ridurlo per stare con il figlio, soprattutto per la necessità di non veder ridurre le condizioni economiche della famiglia (tenuto conto che la povertà è aumentata negli ultimi anni soprattutto tra gli under 35 con figli).

Anche nell’ambito femminile l’indagine dell’Osservatorio Giovani mette in evidenza come tra le donne in età 20-34 che hanno già avuto un figlio: le laureate hanno mantenuto lavoro a tempo pieno nel 34,6% dei casi, quelle con titolo basso nell’8,1% dei casi. Tra le donne con titolo basso è più comune non lavorare. Invece, tra le donne che non hanno ancora figli, si è chiesto – nel caso avessero un lavoro a tempo pieno e nascesse un figlio – quale conseguenza si aspettano: le laureate hanno risposto che continuerebbero a lavorare a tempo pieno nel 45,4% dei casi, quelle con titolo basso nel 30,8%. Inoltre le prime passerebbero al part-time nel 38,4% dei casi contro il 46,0% delle seconde. Per le donne ci sono le difficoltà di conciliazione che portano a cercare di mantenere il posto di lavoro, ma in carenza di adeguati servizi per l’infanzia e aiuto maschile diventa spesso rischio di dover lasciare il lavoro. A riuscire a mantenerlo sono soprattutto le donne con titoli di studio più elevati.

«Come si vede – spiega Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo – un giovane uomo su cinque è già propenso a cambiare modelli di comportamento rispetto a modelli più tradizionali e rigidi di padre e maggiormente schiacciati sul tempo di lavoro. Una percentuale apprezzabile, ma ancora bassa, frenata sia da fattori strutturali che culturali, ma anche da un mercato del lavoro poco attento». «Il segnale positivo – aggiunge Rosina – arriva, però, dai laureati, per le migliori condizioni economiche, per la maggior apertura verso un nuovo ruolo paterno, ma anche perché tendono maggiormente a essere in coppia con una donna laureata e che lavora. È in queste coppie che maggiormente si osserva un guadagno di spazio delle donne nel mercato del lavoro e il ritagliare nuovi spazi maschili all’interno della vita familiare e soprattutto nel tempo dedicato ai figli. Si tratta però di un cambiamento molto lento. Quello che emerge dai dati della ricerca è che continua a esserci una forte differenza di genere anche nei giovani rispetto ai comportamenti nel caso di arrivo di un figlio. Conta inoltre molto il titolo di studio dei padri».