«Concediamo che il Venerabile Servo di Dio Carlo Gnocchi, presbitero pieno di zelo pastorale tra i giovani negli oratori e nei pericoli della guerra, che coronò la sua missione dedicando le sue energie ai piccoli orfani, mutilati, poliomielitici, vittime innocenti del dolore, d’ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal Diritto ogni anno il 25 ottobre».
A queste parole – pronunciate alle 10.11 in piazza Duomo in latino, a nome del Papa, da monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione dei santi e delegato di Benedetto XVI, e successivamente ripetute in italiano -, Silvio Colagrande e Amabile Battistello – che, ragazzi ciechi, recuperarono la vista grazie alle cornee donate da don Gnocchi – tolgono il drappo dall’urna del “papà dei mutilatini” deposta sul sagrato. Sulla facciata della cattedrale si srotola il grande stendardo recante l’immagine del nuovo Beato e sulla piazza si leva, lungo e intenso, l’applauso dei 50 mila fedeli presenti. Questo il momento più emozionante e coinvolgente della celebrazione presieduta dal cardinale Dionigi Tettamanzi e concelebrata da oltre 200 tra vescovi e sacerdoti, nel corso della quale don Gnocchi è stato elevato alla gloria degli altari.
In piazza del Duomo una grande folla: mischiati tra loro, parrocchiani di San Colombano al Lambro (paese natale del sacerdote) guidati dal sindaco Gianluigi Panigada, di Cernusco sul Naviglio e San Pietro in Sala, comunità nelle quali il giovane sacerdote svolse il suo ministero come apprezzato coadiutore; scout; studenti dell’Istituto Gonzaga, dove don Carlo fu amatissimo direttore spirituale; Alpini (corpo di cui fu don Gnocchi fu cappellano nelle campagne belliche di Albania e di Russia, condividendo la tragedia di quegli anni), guidati dal generale Marcello Bellacicco e dal presidente dell’Ana Corrado Perona, con venti reduci dalla Russia; e poi, provenienti dai centri italiani ed esteri, ospiti e assistiti, responsabili e operatori, volontari e amici della Fondazione a lui intitolata, oggi presieduta da monsignor Angelo Bazzari: la “baracca” che in punto di morte egli volle affidare ai suoi amis perché potesse continuare ad alleviare il dolore innocente.
Numerose le autorità: il vicepresidente della Camera dei deputati Maurizio Lupi con alcuni parlamentari; il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio e il sottosegretario alle Infrastrutture e Rapporti Mario Mantovani in rappresentanza del Governo; il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni; il sindaco di Milano Letizia Moratti con diversi assessori; il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà; il prefetto vicario di Milano Michele Tortora; sindaci ed esponenti di altre istituzioni.
A tutti loro l’Arcivescovo, nell’omelia, ha ricordato «il segreto dell’amore di don Carlo per l’uomo»: «È nella ricerca del volto di Cristo impresso nel volto d’ogni uomo che don Carlo ha consumato la sua vita. Lo ha cercato in ogni soldato, in ogni alpino – ferito o morente -, in ogni bimbo violato dalla ferocia della guerra, in ogni mutilatino vittima innocente dell’odio, in ogni mulattino frutto della violenza perpetrata sull’innocenza della donna, in ogni poliomielitico piegato nel corpo dal mistero stesso del dolore».
Ancora monsignor Amato, nel messaggio finale, ha sottolineato che «la figura del Beato Carlo Gnocchi resta di grande attualità ancora oggi. Come profeta di speranza e come eroe della carità, egli continua a ispirare impegno e imitazione. Il Dio cristiano è carità, è amore vicino e provvidente. I santi cristiani sono anch’essi testimoni positivi di questo amore vero e concreto».
Nel corso della mattinata, diversi i momenti toccanti: l’arrivo in piazza dell’urna di don Gnocchi, accompagnata dal corteo partito dalla chiesa di Santo Stefano; i canti degli Alpini, che hanno aperto la mattinata intonando Stelutis alpinis e l’hanno conclusa con Signore delle cime; l’intervento di don Giovanni Barbareschi, l’amico fraterno che fu accanto a don Gnocchi fino alla fine e ne eseguì le ultime volontà; l’Angelus del Papa («mentre saluto il cardinale Tettamanzi, Arcivescovo di Milano, e mi rallegro con l’intera Chiesa ambrosiana, faccio mio il motto di questa beatificazione: “Accanto alla vita, sempre”»), che la folla ha seguito sui maxischermi montati in piazza Duomo; e infine la partenza dell’urna verso la chiesa di San Sigismondo, presso la Basilica di Sant’Ambrogio, dove resterà esposta alla devozione dei fedeli domani (dalle 9 alle 19) e martedì (dalle 9 fino al primo pomeriggio).
Nella mattinata di martedì i sacerdoti, riuniti in Sant’Ambrogio per una giornata di ritiro spirituale, visiteranno l’urna del Beato. Nel pomeriggio l’urna sarà portata nella cripta del centro Don Gnocchi “Santa Maria Nascente” di via Capecelatro a Milano, in attesa di essere posta nell’altare della chiesa ora in costruzione.
I numeri della piazza
– 2 cardinali: l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, e il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei vescovi;
– 20 vescovi, tra i quali monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi;
– 211 Sacerdoti concelebranti;
– 3 cori per un totale di 210 cantori (Cappella musicale del Duomo, Seminario arcivescovile di Milano, Alpini Ana Milano), diretti dal maestro don Claudio Burgio;
– 20 sindaci;
– 200 operatori della comunicazione accreditati;
– 5 dirette dell’evento: Rai 1, Sky Tg 24, Telenova, Radio Mater, sul sito www.chiesadimilano.it;
– 20 combattenti reduci della Campagna di Russia;
– 250 volontari in servizio;
– 2 chilometri di transenne posizionate in piazza Duomo;
– 20 ambulanze;
– 50 mila fedeli presenti, di cui 40 mila con pass e 10 mila ai bordi della piazza, tra i quali 15 mila Alpini accreditati (rappresentanza delle 81 sezioni italiane) e 1000 chierichetti.