«È una fortissima emozione che non si riesce a spiegare con le parole, ma forse si può farla intuire con le lacrime, lacrime di gioia…». Sono le parole di una donna diventata mamma da qualche giorno; mentre tiene tra le braccia con estrema delicatezza e tenerezza la propria fragilissima creatura, i suoi occhi raggianti e un po’ stanchi lasciano trapelare l’insieme dei sentimenti di chi ancora non si è resa ben conto del miracolo capitato: ha generato un bambino, il proprio figlio.
Provocati da questa immagine, in occasione del prossimo convegno sul tema «Comunità cristiana e disabilità», promosso dal tavolo di coordinamento “O tutti o nessuno” e in programma sabato 2 marzo a Cernusco sul Naviglio, vogliamo insieme riflettere e interrogarci sui passi che siamo chiamati a compiere perché anche la Chiesa viva realmente la propria vocazione alla maternità. L’affermazione che la comunità cristiana è una madre suscita in ognuno di noi un’immediata reazione di sollievo e di pace, che rischia qualche volta di lasciare spazio alla tristezza e alla rabbia, quando alcune persone (e tra queste in particolare coloro che presentano delle disabilità), invece che sentirsi accolte come figli nel grembo della mamma, trovano di fronte a loro chiusura e insensibilità.
Purtroppo le esperienze negative provocano risonanze molto più intense rispetto a ciò che si vive e si percepisce invece in tante parrocchie della nostra diocesi, grazie alla disponibilità e all’attenzione di sacerdoti, religiose e operatori pastorali, che disegnano un autentico volto di maternità, soprattutto nei confronti delle persone più fragili. Come comunità cristiana, riconosciamo di avere ancora tanto da imparare perché la dimensione materna diventi un modo di essere non occasionale, né frammentario.
Al riguardo, mentre rivolgo a tutte le comunità educanti delle nostre parrocchie l’invito a partecipare al convegno, vorrei concludere con una provocazione del catecheta fratel Enzo Biemmi, il quale, in una sua relazione, afferma che, perché la Chiesa sia madre, occorre «essere una comunità che accoglie l’amore del Signore, ha desiderio di avere dei figli, li concepisce, li partorisce, li fa crescere, li accompagna, lascia che vivano il dono di cui essi sono portatori senza volerne fare delle fotocopie. Desiderare, concepire, partorire, avere cura, lasciar partire: i verbi del generare sono i verbi dell’iniziazione cristiana. Essi chiedono una madre che desidera dei figli. Una madre, non una baby sitter».