Per alcuni medici, la sua era «una vita inutile», «non degna di essere vissuta». Lei ha vissuto ben 38 anni. In un’epoca in cui è il Servizio sanitario nazionale a decidere, anche contro il parere dei familiari, la vita di una persona (è il caso della bambina inglese Indi Gregory), i genitori di Carmen Ciocca di Trezzo sull’Adda hanno assistito la loro “bambina” fino alla morte, avvenuta lo scorso 2 novembre.
A soli due mesi di vita a Carmen fu riscontrato un tumore al cervello. Venne operata e pochi giorni dopo la diagnosi clinica fu come un macigno: tetraparesi, grave cerebropatia in esiti di tumore cerebrale. A questo punto qualche medico consigliò i genitori, Carlo e Camilla, di «lasciarla morire perché non avrà mai alcun miglioramento». Loro non li ascoltarono e decisero di non abbandonare la figlia in un centro ospedaliero, ma di assisterla a casa.
Camilla lasciò il bar che gestiva a Trezzo sull’Adda, per stare tutto il giorno e tutta la notte con la figlia. Ha trascorso questi 38 anni sempre con la sua «principessa» – come ha sempre chiamato Carmen -, tenendola in braccio gran parte del giorno. La configurazione ossea e fisica di Carmen era quella di una bambina di pochi mesi, pesava sui 25 chili, e di più non poteva crescere; era gracile e di salute cagionevole. Quando doveva essere sottoposta a esami specialistici, veniva adagiata su un lettino appositamente realizzato dal papà, che poi gli operatori sanitari della Croce Rossa posizionavano sull’ambulanza.
La medicina in questi anni non è riuscita a dare spiegazioni scientifiche all’esistenza di Carmen: il suo quadro clinico era unico. Se molti medici hanno aiutato e sostenuto i Ciocca nell’assistenza a Carmen, altri li hanno invitati a essere «realisti»: per lei non vi è alcuna speranza, il suo cervello «non evidenzia alcuna attività», tanto vale, quindi, «lasciarla morire, perché è solo un peso per la società». Frasi che spezzavano il cuore a Camilla e Carlo. Loro rispondevano dimostrando per Carmen ancora più amore. Sull’immaginetta della sua Prima Comunione avevano scritto: «In ciò che appare piccolo e fragile si sprigiona la forza e la tenerezza di un Dio che soffre e ama». Quando riceveva la Comunione – e di questo neppure i medici riuscivano a dare una spiegazione – da sola sollevava leggermente la testa e apriva la bocca per ricevere la piccola porzione di ostia.
A sostenere i Ciocca nell’assistenza da 23 anni vi è stata Svetlana. Molto più che una badante: un’amica, una sorella. Dall’Ucraina ha portato un vestito bianco da “principessa” per Carmen e quel vestito le è stato fatto indossare il giorno della morte.
Carmen ha “scelto” di morire proprio il 2 novembre, giorno in cui il Servizio sanitario aveva deciso di ricoverarla in una struttura di assistenza del “dopo di noi” – a spesa della famiglia -, perché il papà, avendo raggiunto gli 80 anni ed essendo malato, non poteva più farle da tutor e anche la mamma è malata. Camilla e Carlo si sono sempre opposti a una simile decisione. Carmen ha “pensato” di non arrecare loro un simile dolore ai genitori ed è andata in Cielo.
La «vita inutile» di Carmen è stato un grido alla vita e all’amore, proprio in un tempo in cui si parla spesso di eutanasia e di «fine vita» per chi è solo di peso alla società.