«Vegliare sul buon funzionamento del metodo, fare in modo che le procedure siano osservate, prestare attenzione a che tutti i membri dei gruppi di lavoro possano esprimere il loro pensiero»: così don Mario Antonelli, rettore del Pontificio Seminario Lombardo e già Vicario episcopale a Milano, descrive il suo ruolo di «facilitatore» perché al Sinodo «ci sia condivisione e modo di cogliere le voci dello spirito rivolte alla Chiesa».
Antonelli è rimasto colpito dal lavoro svolto fianco a fianco, «un corpo a corpo inusuale per la Chiesa», e dalla presenza «significativa e consistente» della voce delle donne, «per molto tempo trascurata». Infine, definisce l’ascolto di molte voci che parlano del Vangelo «un’esperienza autenticamente missionaria».
«Facilitatrice» al Sinodo è anche Erica Tossani, coordinatrice del settore Volontariato e Giovani di Caritas Ambrosiana. «Il mio compito? Creare e custodire uno spazio di ascolto e di dialogo in cui ciascuno si senta libero di condividere la propria esperienza ecclesiale». Sorpresa dal clima familiare dell’assise, si è sentita «accolta e valorizzata» e vive questa esperienza, pur faticosa, «con gratitudine». Che cosa si riporterà alla Caritas? «Il proposito di promuovere una cultura sinodale della carità».
Carlo Casalone, presidente della Fondazione Carlo Maria Martini, anch’egli impegnato all’assise a Roma, presenta il nuovo volume dell’opera omnia del Cardinale (leggi qui), che raccoglie le sue lettere alla Diocesi: «Guardandole tutte insieme, si ha l’impressione di una grande cattedrale», sottolinea. Alcuni documenti riguardano il 47° Sinodo diocesano, che Martini analizza come evento, processo e documenti prodotti. «Per Martini – rileva Casalone – quel Sinodo era un processo di conversione ecclesiale da affrontare contemplando il volto di Cristo, servo sofferente, e renderlo nella storia che abitiamo».