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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Missione

Al Pime una serata carmelitana

Il 25 ottobre al Centro di Milano le testimonianze di padre Norberto Pozzi (che recentemente ha perso un piede in un’esplosione nella Repubblica Centrafricana), padre Davide Sollami e due monache del Carmelo milanese

di Paolo ANNECHINI Agensir

19 Ottobre 2023
Padre Norberto Pozzi durante il ricovero in ospedale (foto NP / Missio)

Giovedì 25 ottobre, alle 21, al Centro Pime di Milano, serata nel segno della spiritualità di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni. Porteranno la loro testimonianza i missionari carmelitani padre Norberto Pozzi e padre Davide Sollami, insieme a due monache del Carmelo di Milano.

Missionario nella Repubblica Centrafricana, nel febbraio scorso padre Norberto con la sua jeep è saltato su una mina. L’esplosione gli è costata l’amputazione di un piede. «Si vede che non era la mia ora», ha commentato. Negli occhi gli è rimasta la passione per la missione (leggi qui la sua storia su mondoemissione.it)

Dopo essere arrivato in Africa come laico alla ricerca di un senso della sua vita, il lavoro in missione, piano piano, l’ha cambiato. Da muratore entra in Seminario e diventa frate carmelitano. La sua attività era frenetica, divisa tra evangelizzazione e promozione sociale in un territorio, la Repubblica Centrafricana, scossa da mille tensioni, non ultima una guerra tra fazioni che ha fatto intervenire l’Onu con una forza di interposizione.

Le mine fanno parte del tragico e disgraziato gioco della guerra. Era il 10 febbraio scorso quando padre Norberto stava andando a sistemare dei lavori nelle scuole delle missioni: per questo si era portato qualche operaio in aiuto. Superato il villaggio di Bozoum, un conoscente lo avverte: «Tieniti sulla sinistra, perché c’è la possibilità che la strada sia minata». Pozzi era abituato a simili avvertimenti, fanno parte del quotidiano in questa parte di Africa. Supera il primo ponticello, supera il secondo, centrando bene dove mettere le ruote sulla lasagna di metallo del ponte, e poi il gran botto. La jeep vola, tutti illesi tranne lui.

Il missionario perde conoscenza, la riprende a sprazzi solo dopo, tanto da ricordare di essere stato caricato su una moto, uno davanti alla guida, lui in mezzo con un piede a penzoloni, dietro un altro che lo sorregge. E via di corsa verso Bozoum. Nel tragitto ricorda la folla che grida, che lo accompagna, che gli tende la mano.

Arriva in condizioni critiche al posto medico, dove l’unica sacca di sangue che hanno è uno O+, il suo. Sarà un caso, che Norberto Pozzi rilegge dicendo: «Si vede che non era la mia ora». Poi il trasporto in elicottero prima a Bangui e poi a Kampala in Uganda, dove gli amputano il piede. E da lì all’ospedale Rizzoli di Bologna.

È il quarto attentato che subisce. Nei primi tre era rimasto illeso: in uno la pallottola si era conficcata nel poggiatesta a un centimetro dalla nuca, nel secondo nel cambio della jeep, al terzo era riuscito a sfuggire agli attentatori. «Finché ne esci illeso, superi l’impatto. Ma quando ci lasci qualcosa, allora ti fai delle domande». La voglia di «piedi in cammino» è ancora intatta, nonostante tutto. Ritornerà? Sorride. È questa la domanda che deve ancora affrontare. La più difficile.