La vita al centro. La vita donata e che ci è stata donata, la vita ricevuta, da rispettare e salvaguardare sempre in ogni suo momento, dal concepimento alla vecchiaia. A partire dalla Proposta pastorale dell’Arcivescovo per l’anno 2023-2024 (leggi qui), Giulio Boati, consigliere della storica Fondazione ambrosiana per la vita, “rilegge” l’importanza di ribadire questo tema attraverso la missione della Fondazione stessa e la sua esperienza. «Credo che il richiamo del vescovo Mario sia pertinente e necessario perché, purtroppo, talvolta anche le comunità cristiane finiscono per dare per scontato ciò che si dice della e sulla vita, senza pensare che non basta mai ripetere che va tutelata. Occorrerebbe lanciare, a questo proposito, alcune iniziative ai fedeli, ai parrocchiani, perché ci sia un impegno più diretto in tale tutela».
Qual è l’attività che svolge la Fondazione ambrosiana per la vita?
Sul territorio di Milano in modo specifico, la Fav segue mamme in difficoltà, donne in gravidanza e le accompagna in alcuni progetti che possono andare da accoglienze in strutture residenziali in collaborazione con gli enti pubblici, a particolari percorsi, come quello dedicato alle cosiddette baby-mamme, cioè rivolto a ragazze molto giovani che si trovano a dover vivere una gravidanza, senza essere preparate.
Proprio l’esperienza di queste madri, spesso adolescenti, crede che possa essere considerato un indicatore dell’evidente fragilità giovanile nella società di oggi?
Ricordo che avevamo con noi una consulente psicologa che diceva che nessuna gravidanza arriva per caso. Proprio perché è dato per scontato che le tematiche legate alla procreazione siano note ormai sin da molto giovani, il fatto di avere un figlio nasce dalla volontà, anche magari inconscia, di diventare grandi, cioè di dimostrare di essere già adulte, di poter assomigliare alle loro stesse madri. È chiaro che questo sia, appunto, un indicatore della complessità della condizione giovanile e adolescenziale odierna.
È questa la ragione per cui queste ragazzine, consciamente, decidono di diventare madri, forse sognando di vivere una vita diversa?
Spesso è così. Hanno il desiderio, o forse la velleità, di sentirsi completamente soddisfatte e appagate in quella che può essere la loro crescita di donna. Questo parlando in modo generale, poi naturalmente ci sono casi anche molto particolari. Tuttavia, la scelta di diventare mamma molto spesso è motivata, ha delle ragioni, come ho detto, ma poi, magari trovando riscontri poco accoglienti nella realtà familiare di origine si sviluppano i problemi. Come l’aborto proposto dai genitori, la solitudine, l’abbandono da parte dei compagni e partner a loro volta spaventati, il sentirsi isolate nella società, la presunta impossibilità ad andare avanti e, ad esempio, a continuare a frequentare la scuola in modo regolare.
Certamente la fragilità giovanile è cruciale, perché giovani sono le protagoniste di queste gravidanze, ma possiamo dire che, in tutto questo, incida anche la confusione che pare attraversare in molti ambiti il mondo degli adulti?
Sicuramente. Noi parliamo tanto di fragilità giovanile, ma il mondo adulto non offre certo un grande esempio e, in tanti casi, una sponda. Queste ragazze non hanno la capacità di reggere ai “no” dell’esistenza, quando le cose non vanno bene o non vanno secondo quello che dicono i social o ciò che si sono immaginate nei loro personali film della vita, come li chiamo io. È evidente che il momento della gravidanza e l’arrivo di un bimbo disorientino ancora di più.
Riuscite a vedere i frutti, nel tempo, di questo accompagnamento realizzato dalla Fondazione?
I frutti, al di là di quelli immediati – come arrivare a un parto sereno – si possono vedere, ma in 40 anni: dal 1983 esiste il Centro, sono state molte le storie con riscontri positivi rispetto all’aiuto di madri che sono diventate, oggi, nonne.
Ricorda una vicenda che l’ha colpita in modo particolare?
Tante. Ho in mente qualche ragazza arrivata smarrita, disperata e che poi è riuscita ad accettare bene il bambino e ad andare avanti, magari ricostruendo un legame sia con la famiglia d’origine sia con il padre del bambino. Ultimamente, ci ha contattato una mamma che abbiamo accolto quasi 20 anni fa. Ora è regolarmente sposata con il suo partner di allora, lavorano tutti e due e hanno avuto anche due figli. Insomma, una famiglia serena e per noi un bel risultato.