Oltre ai drammatici scenari di guerre nel mondo, esistono ancora Paesi dove i cristiani sono perseguitati. Se ne è parlato durante il convegno della Fondazione Oasis «Cambiare rotta. I migranti e l’Europa», che si è tenuto giovedì 28 settembre all’Università cattolica.
A sottolineare il tema è stato monsignor Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, riportando le condizioni in cui versa la Chiesa nello Yemen. Nel Paese del Golfo c’è da quasi nove anni una guerra civile. Nel conflitto la maggior parte dei migranti ha perso il lavoro ed è fuggita oltre i confini.
La presenza della Chiesa si è ridotta al minimo: oggi sono rimaste due comunità delle Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, che si occupano dell’accoglienza di anziani e disabili psicofisici in due case nel Nord dello Yemen, a Sana’a e Hodeidah.
L’attività di chi opera in tali contesti non è immune a pericoli, dato che nel 2016 quattro missionarie sono state barbaramente uccise. L’episodio fu ricordato anche da papa Francesco, che le definì «martiri del nostro tempo».
Il Pontefice si è più volte soffermato sui cristiani che «soffrono sulla propria pelle la violenza». All’inizio dell’anno ha ricordato padre Isaac Achi, bruciato vivo in Nigeria nella casa parrocchiale della chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Kafin-Koro, una città al centro del Paese.
Le persecuzioni in Nigeria
La Nigeria rappresenta un caso molto particolare per le persecuzioni, dato che è uno degli Stati più duri contro i cristiani. Nel 2023 i fedeli uccisi nel Paese africano sono stati 5.014, in aumento rispetto ai 4.650 dell’anno precedente. Qui avviene anche la stragrande maggioranza dei rapimenti: su 5.259, in Nigeria ne sono commessi 4.726. Ma le discriminazioni si estendono anche sul lavoro, l’accesso alla sanità e all’istruzione. Oltre alle minacce per costringere a cambiare fede. La maggior parte delle vittime di questa persecuzione inoltre passano inosservate, soprattutto quando avvengono nelle regioni più rurali.
Nel 2022 uno degli episodi più sanguinosi in Nigeria è stata la strage di San Francesco Saverio a Owo, a 300 chilometri dalla capitale Lagos. Il 6 giugno alcuni uomini armati di fucili hanno aperto il fuoco contro i fedeli dentro una chiesa cattolica nel Sud-Ovest del Paese, uccidendo 21 fedeli, inclusi molti bambini, in occasione della celebrazione della Pentecoste.
I profughi conosciuti dall’Arcivescovo
Anche l’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, ha conosciuto il volto delle persecuzioni cristiane. Nel suo recente viaggio in Turchia ha incontrato la comunità cattolica caldea scappata dalle persecuzione dell’Isis in Iraq. Da quasi dieci anni quaranta di queste famiglie risiedono ad Afyon, nel cuore dell’Anatolia.
Qui Delpini ha conosciuto anche una ragazza cristiana del Ruanda scappata dai troppi soprusi e violenze subite nella sua terra d’origine. Ammalata e costretta a dialisi tre volte alla settimana, ha ricevuto l’Eucarestia dalle mani dell’Arcivescovo, nel sottotetto di un palazzo di 13 piani: «Io non posso andare in chiesa, ma oggi la Chiesa è venuta da me», ha commentato la donna.
Persecuzioni in aumento
Dal 1993 la onlus Porte aperte pubblica la World Watch List, un rapporto sui Paese più perseguitati al mondo. Nel 2023 le persecuzioni verso i cristiani sono cresciute nella maggior parte del mondo: sarebbero più di 360 milioni i fedeli discriminati.
L’estremismo islamico resta tra i principali motivi dell’intolleranza anticristiana. Accanimento che si enfatizza nei confronti di chi si converte. Porte aperte ha raccolte numerose testimonianze di questo tipo: a Dhaka, in Bangladesh, lo scorso 17 maggio un bambino di otto anni è stato ricoverato in ospedale con ustioni in diverse parti del corpo. I genitori, ex-musulmani convertiti al cristianesimo, erano al lavoro quando i vicini si sono presentati nell’abitazione per sfrattarli. Trovato il bambino solo, gli hanno versato acqua bollente sulla testa. Il padre ha denunciato i responsabili, senza ottenere però alcuna risposta dalle autorità.
In Uganda il 16 giugno un gruppo di militanti islamici delle Forze democratiche alleate ha fatto irruzione nei dormitori della scuola di Lhubiriha, a Mpondwe, nell’Ovest del Paese, uccidendo 37 studenti e 4 abitanti del villaggio.