Autorizzati a pensare al bene della comunità. Il titolo dell’incontro che, presso il Cineteatro “Regina Pacis” nel quartiere e Decanato “Gallaratese”, vede riunita tanta gente, è già la sinesi migliore di quanto i relatori al Convegno, tra cui l’Arcivescovo, delineano nei loro interventi. A partire dal titolo del “Discorso alla Città” 2018 – appunto, “Autorizzati a pensare” -, infatti, le Acli milanesi hanno organizzato la mattinata di studio e di dialogo. Dopo il saluto di benvenuto del responsabile della Comunità Pastorale “Trasfigurazione del Signore”, don Andrea Meregalli, si avvia il confronto.
Inizia Emiliano Manfredonia, presidente del Patronato Acli che, sulla sua esperienza personale, dice: «Entrare nella difficoltà e nelle gioie della gente muove istanze positive per offrire, a chi amministra, una realtà obiettiva. Le sale d’attesa dei nostri Sportelli sono la cosa più bella: ci sono persone di tutte le nazionalità ed età: lì l’umano canta l’umano. Sono tra gli ultimi spazi interculturali rimasti. Se ci sforziamo di mettere in campo gentilezza, promuoviamo anche fraternità, sosteniamo gli altri e le famiglie e salviamo noi stessi».
È, poi, la volta di Virginio Brivio sindaco da 8 anni di Lecco e presidente dell’Anci Lombardia. La questione è quella, pure sollevata dal vescovo Mario, delle procedure lente ed esasperanti con una burocrazia spesso nemica del cittadino.
«Il “Discorso” dimostra conoscenza da parte dell’Arcivescovo della “macchina” amministrativa e questo è molto apprezzabile. Abbiamo bisogno che le grandi Agenzie centrali come Inps, Inail o Agenzia delle Entrate siano più interagenti con i cittadini. In questo senso, forse, una maggiore autonomia delle Regioni potrebbe essere positiva. La burocrazia non è un termine negativo: significa avere persone preparate al servizio della comunità».
Come a dire, bisogna investire sulla formazione dei professionisti anche perché «spesse volte la politica utilizza la burocrazia per il consenso. Non è passato molto tempo dalla demonizzazione di Equitalia da parte di alcune forze politiche. La politica deve gestire, non vivere su queste problematicità».
Vi è, poi, il tema fondamentale della sussidiarietà. Quella orizzontale – «ci sono degli obiettivi della Pubblica Amministrazione che non possono essere realizzati senza alleanze con il territorio» – e quella verticale, «dove in Regioni dall’articolazione complessa come la Lombardia (che non si esaurisce, certo, con Milano), occorrono autonomia solidale e responsabilità. Su alcuni temi non si può esagerare con una sussidiarietà troppo bassa. Bisogna condividere banche dati, sistemi, tenendo insieme il tema delicatissimo del radicamento dei Comuni nel loro territorio con una Pubblica Amministrazione che non sia troppo minimalista».
Per Paolo Petracca, presidente delle Acli Milano, Monza e Brianza si tratta, anzitutto, di riflettere, come chiede l’Arcivescovo.
«Sull’Europa, sui migranti, veri capri espiatori per il dolore sociale che c’è, dobbiamo riflettere in alleanza tra Associazioni, Università, articolazioni, perché la china da risalire è veramente grande. Dobbiamo partire da cosa siamo per capire dove andiamo, passando per il patto di convivenza che ci tiene insieme».
«Tutti coloro che hanno costruito il sogno pragmatico dell’Europa, anche negli ultimi anni, sono figli della nostra tradizione e cultura cristiana. Se dobbiamo ragionare, chiediamoci perché non si sanno dare risposte sulla crisi e le migrazioni. In questo 2019, dovremo contribuire a dare un nuovo ruolo all’Unione Europea. Poiché i Paesi non sanno cosa fare, bloccano la Casa comune europea. È più facile dare che la colpa di ciò che accade ai disperati della terra o ai potenti d’Europa che cercare soluzioni condivise. Noi crediamo che l’unica strada sia quella di chi quotidianamente opera con fraternità e intelligenza politica».
«Autorizzati a pensare ci è di conforto, perché ci dice proviamo insieme, ognuno per la sua parte, a dare speranze alle persone, aprendo una prospettiva all’intera società».
Parole cui fa eco il sociologo della “Cattolica” e segretario del Comitato scientifico delle Settimane sociali dei Cattolici Italiani, Mauro Magatti. Il suo è un grido di allarme. «Viviamo in un’epoca in cui la ragione è si è ristretta, diventando calcolo e pura tecnica, come dice papa Benedetto. Ciò produce scarti nelle periferie e nei pezzi della nostra vita. Poi, su questa premessa – e siamo a oggi – è cresciuta la paura, l’isolamento, la rabbia, il risentimento. Da una parte, veniamo da una vicenda per la quale abbiamo ridotto il pensare a procedure e, dall’altra, abbiamo creato sistemi, ad esempio, con i social e le fake news, che tirano fuori tutto ciò che deborda dai confini del freddo tecnicismo».
Ma come ricomporre quel filo che abbiamo perso? «Partendo dalla vita, ascoltandola, facendoci insegnare dalla realtà, per capire i sistemi che abbiamo costruito. Solo comunità e persone capaci di pensare e di tradurre il proprio pensiero in forme di vita, ricostruiranno qualcosa».
L’intervento dell’Arcivescovo
Infine, a tirare le fila, è l’Arcivescovo che cita la favola del “pifferaio magico”, capace da solo, suonando il suo semplice strumento, di liberare la città dai topi. Chiara la metafora. «È l’idea di un piccolo segno, di Davide che può abbattere Golia. Vi auguro questo: recuperate la fiducia nel lievito, che opera con la persuasione e l’attrattiva del bene, come la musica gentile del pifferaio».
La consegna arriva con quella che il Vescovo definisce “la penitenza di Carnevale”, «che consiste nell’organizzare un incontro, in ogni parrocchia e Comunità pastorale, per pensare all’Europa da cristiani».
Insomma, autorizzati a pensare: «siete autorizzati, da laici cristiani, a organizzare incontri come questi», sintetizza.
Il pensiero va anche all’attenzione dedicata, nel “Discorso”, alla famiglia: «Mi aspetto che l’organizzazione sociale pensi alla famiglia prima che al singolo utente». L’Europa, ad esempio, invece di interessarsi (come ha fatto, prioritariamente) «al diritto soggettivo, individuale, potrebbe promuovere una considerazione della famiglia come cellula vivente della società. Su molti aspetti pensare vuol dire lasciarsi istruire da esperienze positive anche di altri Paesi. Dobbiamo scrivere una storia nuova».
A conclusione, sono 5 aclisti, tra interventi e domande, a stimolare il dibattito. Simone Zambelli, presidente Municipio Zona 8, parla di disagio per una società all’insegna dello scontro e della strumentalizzazione e di una politica alla ricerca del solo consenso. Ovvio il riferimento al tema delle migrazioni. Osserva il Vescovo: «la migrazione sembra l’unico argomento politico interessante. La questione è che non è falso il problema, ma lo è l’aspetto comunicativo che vi sta attorno. Per questo condivido la cautela verso i social, mentre è da raccomandare l’attenzione alla vita. La pratica del gesto minimo consola il dolore degli altri. Molte Associazioni, nelle nostre terre, sono attrezzate proprio per questo. La società è intessuta di solidarietà e non dobbiamo parlarne sempre in modo catastrofico. Il gesto minimo non trasforma il mondo, ma crea il tessuto del buon vicinato che è la pratica ordinaria della vita», spiega.
Maria Rosa Belotti, sindaco di Pero, presidente de “La Pace in Comune”, definisce la necessità di una ricerca di modi e toni diversi nel confronto politico. Il compito è, comunque e a ogni livello, promuovere la pace. «Per questo, dobbiamo costruire un’Europa capace di farsi protagonista perché può essere in grado di mettere in campo forze internazionali che permettano di aiutare, nei propri Paesi di origine, chi è nella povertà. La pace è figlia della giustizia».
Daniele Gregorio, presidente del Circolo Acli “Gallaratese-Trenno” chiede come sia possibile relazionarsi con chi ha scelto di non pensare e Cecilia Leccardi, iscritta al Circolo Acli Geopolitico, domanda come far fronte urgenze quali la disoccupazione giovanile. Ancora, «come è possibile arrivare davvero a tutti?», si interroga il responsabile Giovani Acli, Simone Romagnoli.
«Quelli che non vogliono pensare si abbandonano all’emotività. Penso, però, che nessuna persona si debba mai ridurre solo al suo difetto. Magari, attraverso altri argomenti e occasioni, oltre quelli sui quali non si vuole discutere, possiamo creare un rapporto. Offrire un coinvolgimento a tutti, questo è ciò che possiamo fare».