«L’alternativa radicale all’individualismo che tende alla morte è la fede che accoglie la vita come un dono e vive la propria libertà come risposta a Dio che chiama»: è uno dei passaggi centrali dell’omelia (leggi qui il testo integrale) che l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha pronunciato questa mattina nel corso della Messa pontificale presieduta in Duomo, che, come da tradizione, l’8 settembre ha inaugurato il nuovo anno pastorale in occasione della Festa della Natività di Maria, patrona della Cattedrale.
Durante la celebrazione – con il Rito di ammissione di undici candidati al diaconato e al presbiterato e di un laico candidato al diaconato permanente – è stata presentata la Proposta pastorale 2023-2024, intitolata «Viviamo di una vita ricevuta». Da definire, più che «proposta pastorale» – ha spiegato l’Arcivescovo nell’omelia -, «un programma di lavoro per gli anni a venire» (leggi qui la presentazione).
La riflessione di monsignor Delpini ha preso le mosse dalla constatazione del falso sentimento di libertà che pervade la società odierna: «Noi siamo in una cultura in cui a ciascuno deve essere consentito di vivere secondo il suo criterio». Questo è «l’individualismo contemporaneo», «inappellabile criterio che decide che cosa sia bene e che cosa sia male», che «presume di costruire il mondo avendo come riferimento l’individuo», e siccome «l’individuo è irrimediabilmente condannato a morte, l’individualismo tende alla morte».
Dispiacere e responsabilità
Da qui nasce il rammarico del cristiano, che «non è autorizzato a giudicare nessuno», ma che d’altra parte «si dispiace di troppi nostri fratelli e sorelle che vivono nella persuasione di morire, che vivono nella persuasione che essere soli sia meglio che assumere responsabilità per altri, che vivono senza prendersi cura che vivano altri». In quanto cristiani, «viviamo nella gratitudine, viviamo di una vita ricevuta e non riteniamo questa condizione come un limite, ma come la vocazione a partecipare alla vita di Dio». E dalla «responsabilità di accogliere il dono di Dio» deriva per il credente il dovere della testimonianza e «di proporre percorsi di educazione affettiva, sessuale, relazionale perché chi segue Gesù impari ad amare come Gesù ha amato, viva, nell’amore, la fedeltà indissolubile, come Gesù che ha amato fino alla fine, accolga con gratitudine la grazia e la responsabilità dell’amore fecondo che genera figli e figlie per il futuro del mondo e della Chiesa, interpreti in chiave vocazionale anche il lavoro e l’impegno per la pace».
«Il riferimento a Gesù» e «la partecipazione alla celebrazione dei santi misteri come principio di vita» sono necessari al fine di «intendere e apprezzare adeguatamente i capitoli che definiscono il programma di lavoro, e cioè l’educazione affettiva, la cura per l’indissolubilità del patto matrimoniale, la cura perché la vita sia accolta e difesa sempre, la sollecitudine per la dignità del lavoro, la promozione della pace».
Gli appuntamenti dei prossimi mesi
Al termine della celebrazione il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, ha ricordato alcuni appuntamenti di particolare rilievo nella vita della Diocesi previsti nei prossimi mesi: il pellegrinaggio di presbiteri e diaconi a Concesio, paese natale di Paolo VI, il 28 settembre, momento preparatorio in vista del Giubileo del 2025; il cammino verso il rinnovo dei Consigli pastorali delle comunità pastorali e delle parrocchie, in programma per il 26 maggio 2024; l’invito per il 15 ottobre, festa della Dedicazione del Duomo, rivolto a coloro che in Diocesi hanno partecipato al discernimento che la Chiesa italiana ha proposto in vista del Sinodo dei vescovi in programma in ottobre a Roma.