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Viaggio/1

Delpini in Turchia tra «i più invisibili degli invisibili»

L'Arcivescovo ha visitato nel Paese la consacrata ambrosiana fidei donum Mariagrazia Zambon

18 Agosto 2023

«Grazie monsignor Mario, per la sua visita a questo piccolo gregge: una minuscola comunità cristiana, che oggi si sente una perla preziosa valorizzata dalla sua presenza tra noi». Con queste parole l’Arcivescovo di İzmir, monsignor Martin Kmetec, ha introdotto e spiegato in sintesi, all’inizio della celebrazione Eucaristica di domenica 13 agosto, la presenza dell’Arcivescovo di Milano Mario Delpini a Konya, la città turca nel cuore dell’Anatolia dove si trova come fidei donum ambrosiana la consacrata dell’Ordo Virginum Mariagrazia Zambon.

Una celebrazione in cui tutti i partecipanti, nonostante la diversa provenienza geografica e culturale, si sono sentiti un’unica famiglia e sono stati incoraggiati a non aver paura, a continuare a fidarsi di Dio, e qualora ci si trovasse nella tempesta, di avere il coraggio di invocare come ha fatto Pietro: «Signore salvami», aggrappandosi poi alla Mano di Gesù che non vuole certo che affoghiamo.

Sostenuti da queste parole, dopo la Messa è stato significativo l’incontro, semplice ma profondo, con il gruppetti di ragazzi della parrocchia, sia turchi sia studenti africani. Un dialogo schietto fatto di domande e risposte sui problemi, le preoccupazioni e le speranze che abitano le nuove generazioni, confrontandosi su quanto emerso durante l’appena trascorsa Giornata mondiale della gioventù e quanto stanno vivendo i ragazzi cristiani come minoranza in un contesto prevalentemente musulmano.

Forte la testimonianza del percorso di fede di una famiglia locale così come la visita ad una ragazza cristiana del Ruanda, da 11 anni profuga in Turchia, scappata dai troppi soprusi e violenze subite nella sua terra d’origine. Ammalata e costretta a dialisi tre volte alla settimana, ha ricevuto con commozione l’Eucarestia dalle mani di Delpini, nel sottotetto di un palazzo di 13 piani: «Io non posso andare in chiesa, ma oggi la Chiesa è venuta da me», ha commentato con indicibile gioia.

Lunedì 14 agosto con il Vescovo Caldeo monsignor Ramzi Garmou, durante il tragitto per Smirne, hanno fatto sosta per incontrare i più “invisibili degli invisibili”: la comunità cattolica caldea scappata dall’Iraq durante le persecuzioni dell’Isis e da una decina d’anni nel cuore dell’Anatolia, ad Afyon, una delle tante città scelte dal governo turco, dove tenere i numerosi profughi che ha sul proprio territorio.

Tra loro 40 famiglie e più di 200 tra bambini. Donne, ragazzi e anziani. İn uno dei loro appartamenti, poverissimo e stipato all’inverosimile – alle pareti spoglie sistemati con cura piccoli quadretti con immagini di Gesù e della Madonna accanto alle foto dei loro defunti – è stata toccante la Messa in lingua araba e aramaica, presieduta dal loro Pastore.

Straziante, poi, il loro dolore nel raccontare con rabbia il sentirsi dimenticati in una terra di mezzo dove non possono vivere la loro fede per mancanza di un luogo, di un sacerdote, di catechisti. Commovente la generosità nell’allestire una tavola imbandita a sazietà con i più prelibati cibi della cucina irachena, preparati da tutta la comunità per gli ospiti venuti da lontano.

İn un clima fatto di lacrime e sorrisi, attorno alla stessa Mensa dove è stato prima spezzato il corpo di Cristo e poi condiviso il pane della generosità umana è stato bello percepire un profondo senso di unità tra tre Vescovi di tre nazionalità e riti differenti, e l’esule popolo di Dio. Un Piccolo Grande seme di Speranza.

Due giornate, dunque, all’insegna della fraternità universale che è diventata prossimità nel dolore e nella fatica grazie al fatto che persone stanche, sfiduciate, ma con un gran desiderio di continuare a credere nel Dio di Gesù, si sono sentite visitate e ascoltate, dalla Chiesa  “istituzione” che si è fatta vicina.

(Mg.Z.)

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