«Questa celebrazione, nella sua austera solennità, non è una specie di patetico gesto di risarcimento per una disgrazia troppo incomprensibile. Piuttosto è l’incontro drammatico tra la pietà commossa e l’impotenza insuperabile della città e la Parola che parla con una autorità troppo più alta e indiscutibile di ogni parola umana». Due frasi brevi, al cuore dell’omelia dell’Arcivescovo, dicono tutto il senso della celebrazione da lui presieduta in Duomo per le sei vittime del rogo della «Casa per coniugi».
Nel giorno del lutto cittadino, esequie solenni aperte dall’arrivo delle bare sul sagrato che, sorrette a spalla, entrano in Cattedrale mentre si scatena il diluvio e il cielo scurissimo sembra l’immagine del cordoglio che avvolge idealmente l’intera città. Una Milano che, dalla notte del 7 luglio, continua a domandarsi il perché una tragedia già definita «incomprensibile» dall’Arcivescovo che, all’avvio del rito, prega «per i morti, per i feriti, i soccorritori, i familiari e tutti gli ospiti della “Casa per coniugi”».
Le autorità e i concelebranti
Una cinquantina i parenti presenti per quattro delle vittime, mentre per le altre due – Paola Castoldi e Mikhail Duci – senza famiglie di riferimento, i parenti sono simbolicamente il sindaco Giuseppe Sala e altre autorità cittadine, tra cui il prefetto Renato Saccone, il questore Giuseppe Petronzi, gli assessori comunali Marco Granelli e Lamberto Bertolé e quello regionale, Gianluca Comazzi, di fronte ai quali vengono appunto posizionate le due bare. Come le altre quattro, tutte poste ai piedi dell’altare maggiore e incensate dall’Arcivescovo, tra corone di fiori e i gonfaloni di Regione Lombardia, Comune di Milano, Città metropolitana.
Non mancano la titolare dell’inchiesta, Tiziana Siciliano, procuratore aggiunto di Milano, e i vertici di Proges, la cooperativa che gestiva la Rsa per conto del Comune di Milano, con alcune rappresentanze dei dipendenti. A concelebrare, tra gli altri, il responsabile del Servizio diocesano per la Pastorale della Salute don Paolo Fontana, il parroco della parrocchia di San Michele Arcangelo e Santa Rita don Roberto Villa e don Martino Antonini, che seguiva Paola Castoldi. In altare assistono alla celebrazione anche due Ministri di rito copto ortodosso, in quanto Duci era appunto di religione copta.
Tra le navate, risuonano più volte i nomi delle vittime: Laura Blasek (86 anni), Paola Castoldi (75 anni), Mikhail Duci (73 anni), Anna Maria Garzia (85 anni), Loredana Labate (84 anni) e Nadia Rossi (69 anni). A ognuno di loro, quasi in un dialogo diretto, si rivolge monsignor Delpini.
L’omelia
«Tu non sei una solitudine desolata che è destinata a svanire senza che alcuno ne senta la mancanza. Anche se non hai nessuno della famiglia, anche se nessuno verrà alla tua tomba per deporre un fiore, tu non sei solo. No, non è vero che tu non sei una storia che nessuno ascolta. Tu non sei solo il fascicolo di una pratica che finisce in archivio, una patologia da associare a un medicinale o un posto letto occupato. No, non è vero che l’unica parola che abbiamo da dire sulla tua città e sulla tua vita è che sia una storia di desolata solitudine».
«Noi siamo qui a testimoniare che anche chi non ha nessuno, sperimenta una trama di rapporti, una sollecitudine che ho visto abituale nel personale dell’Rsa. Anche chi, come si dice, non ha nessuno, riconosce il sorriso di chi lo accudisce ogni giorno».
Il pensiero torna alla notte della tragedia. Continua, infatti, l’Arcivescovo: «Quando irrompe il fumo che soffoca, quando viene il tempo di un’angoscia come non è stato mai, come ci si può ricordare delle carezze e del sorriso? Il pensiero umano si smarrisce, la casa e la vita sono devastate, le istituzioni sono impotenti. Allora, contraddetto ogni desiderio umano di essere felici, allora, nel momento tragico e disperato, il Signore Gesù con le ferite gloriose della sua passione, pronuncerà il nome di Laura, Paola, Mikhail, Anna, Loredana, Nadia e dirà: “Padre, io voglio che siano con me”».
Poi, le Litanie dei Santi, la liturgia e i canti di una celebrazione insieme semplice e commossa, fino all’uscita dei feretri dal Duomo sul sagrato, dove vengono benedetti da monsignor Virginio Pontiggia, vicario parrocchiale della parrocchia Santa Tecla nel Duomo di Milano. Tra qualche piccola protesta di alcuni parenti e qualche applauso, l’appello del Sindaco a non lasciare soli gli anziani e a fare volontariato nelle Rsa, suggella l’omaggio della città per le vittime, mentre partono per l’ultimo viaggio, verso i cimiteri di Chiaravalle, Greco e Lambrate.