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Martedì, dopo l’Epifania del Signore

San Severino, abate

8 Gennaio 2019

Severino, nato da nobile famiglia romana verso il 410, visse per lungo tempo come eremita in Oriente. Intorno al 454, come ci fa sapere il suo discepolo e biografo, Eugippo, si stabilì sul Danubio, ai confini del Norico e della Pannonia (terra che corrisponde all’odierna Austria e a parte della Iugoslavia e dell’Ungheria) a seguito di un avviso soprannaturale. Da poco erano morti Attila (453) e il generale Ezio, e l’imperatore Valentiniano II era impotente a impedire le scorrerie dei Rugi e di altre tribù barbare, che lasciavano ovunque rovine e carestie. Nel travaglio di questo agitato periodo, Severino si adoperò per soccorrere i poveri e soprattutto i Romani che, restati in queste province, versavano nella miseria e nella desolazione.
Per il suo ardente desiderio di preghiera e solitudine, fondò nella cittadina di Favianis (Mautern), un monastero, dal quale sviluppò un’intensa attività, che andava dalla cura delle anime alle opere caritative e agli interventi politico-nazionali. Uomo di grande personalità, seppe intervenire direttamente nei disordini politici e nei contrasti bellici; piegando gli amici e convincendo al rispetto i nemici, riuscì a pacificare il paese. Ebbe soprattutto a cuore l’esercizio della carità: con i suoi monaci organizzò un’opera sociale di vaste dimensioni per soccorrere i poveri e in particolare i prigionieri.
Nel suo lavoro pastorale egli si adoperò soprattutto per risvegliare e rafforzare la fede, tanto nel clero che nel popolo. Per promuovere la vita religiosa, provvide alla fondazione di nuclei monastici, con regole di vita ben stabilite. Severino morì nel suo monastero a Favianis l’8 gennaio del 482, dopo una breve malattia, e là fu sepolto. Ma quando nel 488 i Rugi, come Severino aveva predetto, cacciarono dalle loro contrade i Romani, i monaci, con le spoglie del loro padre, scesero in Italia. Oggi le sue ossa riposano a Pizzofalcone presso Napoli, insieme al martire Sosso.