Nel pomeriggio il cammino ecumenico di pace si snoda nelle sale della Knesset, il parlamento israeliano.
E’ presente anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, che a Ramallah non è potuto venire perché ospite con i pellegrini del Patriarca Armeno di Gerusalemme.
E’ il secondo cardinale, dopo l’arcivescovo di Parigi Lustiger, a metter piede nella Knesset.
Qui, siamo ricevuti, in due incontri separati, da un parlamentare dell’opposizione, il laburista Isaac Herzog, e da due deputati della maggioranza di governo.
I problemi sul tappeto sono gli stessi che abbiamo ascoltato a Ramallah, le valutazioni sono diverse, anzi opposte. “Noi lottiamo contro guerra e terrore – introduce Herzog – fin dall’inizio della nascita di Israele; qui intere generazioni hanno vissuto in mezzo a infiniti conflitti. Nemmeno a noi piace il muro, ma da quando c’è gli attentati sono diminuiti”.
Ma la pace è proprio impossibile?
La risposta è schietta: “Tutti i governi, sia di destra che di sinistra, quando hanno intrapreso un cammino di pace sono caduti; il parlamento è compatto quando si tratta di garantire la propria gente. Eppure passi concreti, unilaterali, sono stati fatti per favorire un’intesa, come il ritiro dei coloni dalla striscia di Gaza e da cinque insediamenti nel sud della Cisgiordania”.
I due deputati della destra al Governo accusano l’Autonomia palestinese di non essere affidabile: “di là non abbiamo interlocutori credibili né disponibili a fermare i terroristi”.
L’estrema destra ha da poco lasciato la maggioranza e forse si profila una nuova coalizione, più bilanciata al centro. “In nove mesi – dicono – porteremo a compimento il Piano Sharon, nonostante sia osteggiato in Parlamento; si va avanti con la road map anche senza la collaborazione di Arafat”.
Per quanto riguarda la pregiudiziale dei palestinesi sul ritorno ai confini del 1967 e il diritto al rientro dei profughi c’è un segnale di negoziabilità sui confini (“la linea del ’67 non è mai stata un confine, ma soltanto una linea temporanea dell’armistizio”) e un secco no sui profughi (“il Parlamento è compatto nel contrastare il ritorno dei rifugiati”).
Ma la pace sarà mai possibile? “Nutriamo caute speranze – ci rispondono -, ultimamente non c’è stato nessun serio attacco, stiamo vivendo un momento di calma”.
Uno solo era lo scopo che ha spinto il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano a visitare Ramallah e la Knesset: quello di ascoltare le due parti e cercare di capirne le motivazioni, consegnando loro un identico messaggio di pace : “Condannando ogni forma di violenza e di sopruso e ogni confusione tra vittime e assassini, solidali con chi è nell’angoscia e attende giustizia, vorremmo poterci porre nel mezzo del vostro conflitto stringendo la mano dell’uno e dell’altro e così restare finché non vi stringiate la mano anche tra voi”.
Claudio Mazza