Oltre a essere “Felicemente italiani”, i 204 giovani intervistati sono anche “Nativi-cosmopoliti”. Sono 18-29enni, cittadini italiani per nascita o a partire dalla maggiore età, che vivono la loro giovinezza in salita.
Cresciuti in un tempo e in un Paese del benessere per molti, ma non per tutti, pieno di contraddizioni, di differenze che sfociano facilmente in disuguaglianze e discriminazioni – talvolta nell’indifferenza generale. Un tempo pesante e gravoso di preoccupazioni, in cui l’incertezza protratta per troppi anni nei confronti del futuro pietrifica progressivamente l’entusiasmo, che via via si trasforma in sfiducia e, a seguire, immobilismo – i Neet, chi non studia e non lavora, sono il caso più evidente, le prime vittime di tutto questo. I Millennials non stanno vivendo un tempo facile, tutt’altro. Un tempo poco sostenibile da tanti punti di vista (economico, politico, sociale, ambientale); un lascito delle precedenti generazioni che non hanno avuto troppo a cuore la restituzione, ossia che mondo avrebbero un giorno lasciato ai loro figli.
In questa cornice spazio-temporale si collocano i percorsi biografici dei Millennials italiani. Tutto sembrerebbe perduto, senza speranza, e invece no. Pur avendo una vita in salita, le generazioni più giovani sono le meglio attrezzate a vivere il presente, in quanto possono far conto su parecchie loro specifiche competenze e capacità, su soft skills utili per emanciparsi, per trovare una nuova quadratura in questo tempo complesso. Il primo vantaggio, rispetto agli altri, è rappresentato dal fatto che sono cresciuti in una società che cresceva e cambiava con loro, imparando in tempo reale, corpo a corpo con il quotidiano, a far fronte al cambiamento stesso.
L’esperienza migratoria – segno distintivo di questo nostro tempo – contraddistingue le loro biografie, coinvolgendoli in prima persona, con modalità diverse, e ne fanno pertanto una generazione mobile, dei Nativi-cosmopoliti, cittadini del mondo, potremmo dire. Sono “Nativi-cosmopoliti” nel senso che hanno incontrato l’immigrazione fin dall’infanzia – in primis a scuola e nei luoghi della socialità frequentati – e successivamente nella pre-adolescenza e adolescenza, sempre a scuola, ma anche in spazi e luoghi informali, disseminati per le città, di paesi diversi.
Nella giovinezza l’incontro con l’immigrazione si presenta più e più volte nella forma di legami amicali e di vicinato, co-abitazioni con coinquilini stranieri, frequentazione di colleghi in università e al lavoro, nei tanti viaggi low cost, sui mezzi pubblici, nelle stazioni e i suoi fast food. Insomma, le occasioni di fare esperienza di culture differenti dalla propria non sono mancate in passato e non mancheranno in futuro. Ogni età della vita, rispetto al fare esperienza dell’immigrazione, si trova sulla modalità on, non ci sono stati off.
In sintesi, per il tempo in cui sono nati, per le esperienze che hanno vissuto, i Millennials sono sicuramente più aperti delle precedenti generazioni, nei confronti dell’immigrazione hanno un atteggiamento meno “ostile” e più incline alla convivenza e all’ibridazione culturale. I giovani sembrerebbero essere allora sulla buona strada. Agli adulti non resta che imparare da loro come fare per vivere al meglio il nostro tempo.