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22 maggio

In Bicocca presentazione del volume «Via Crucis» con Mimmo Paladino e Raffaele Mantegazza

Un volume che raccoglie insieme le illustrazioni delle formelle realizzate dal maestro Mimmo Paladino per la cappella del Centro pastorale "C. M. Martini" e i commenti di Raffaele Mantegazza. Il volume sarà presentato da Salvatore Natoli con un commento dal titolo “Il mistero dell'iniquità”

22 Maggio 2018

Martedì 22 maggio alle 16.30 nella Sala Rodolfi dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca sarà presentato il libro Via Crucis (Edizioni Dehoniane Bologna), che raccoglie insieme le illustrazioni delle formelle realizzate dal maestro Mimmo Paladino per la cappella del Centro pastorale “C. M. Martini” e i commenti di Raffaele Mantegazza.
Il volume sarà presentato da Salvatore Natoli con un commento dal titolo: “Il mistero dell’iniquità”.
È gradito un cenno di conferma (centro.pastorale@unimib.it – 02 6448 6668).

Il volume Via Crucis (Edizioni Dehoniane Bologna, 2018, pagine 238, euro 20) raccoglie insieme le illustrazioni delle formelle in ceramica invetriata realizzate dal maestro Mimmo Paladino per la cappella del Centro pastorale “C. M. Martini” nell’Università degli Studi Milano-Bicocca e i relativi commenti di Raffaele Mantegazza, Docente di Pedagogia interculturale nell’Ateneo.
Le immagini dirette ed efficaci, dal tocco rapido e veloce in nero su sfondo oro, volute dal maestro Paladino snodano il dramma che avanza irreversibile lungo la Via della Croce attualizzato dai commenti di Mantegazza che smascherano la realtà di dolore che grava sul tempo.
La croce diviene segno dell’ingiustizia prodotta dalla storia, manifesta agli occhi del mondo tutta la violenza, la sopraffazione, l’oppressione, che l’umanità non vuole vedere e che occulta a se stessa.
Così le tappe della faticosa salita del Calvario, una dopo l’altra, mettono a nudo i paradossi, le ipocrisie, dietro cui si nascondono i cardini dell’ingiustizia che domina il tempo e i perversi meccanismi psichici che li sorreggono. Ad esempio, il paradosso della pena di morte messo a fuoco nella prima stazione, rinvia a un desiderio ancestrale, a «dimensioni molto profonde, poco razionali, difficilmente spiegabili». Evoca il terrore di Caino per aver superato «un’invisibile barriera». Implica contemporaneamente onnipotenza e impotenza, ossia una fuga dalla realtà. «Eliminando l’assassino si elimina l’idea inquietante che il male sia dentro di noi».
La problematica è ripresa nel commento all’ottava stazione, in cui Gesù rimprovera le donne di Gerusalemme. Di fronte a quello che accade di ingiusto, di violento, la domanda spesso ricorrente è: «Cosa c’entro io?». Questo giustifica la posizione di osservatori che non possono fare nulla. Ma proprio questa risposta «fa parte delle strategie di un dominio che vuole agire indisturbato». Di fronte alle ingiustizie che sono sotto gli occhi di tutti non sono possibili «posizioni neutre». Mantegazza cerca di far emergere la posizione di coloro che sul Golgota «restarono a guardare», come noi, oggi, di fronte alle guerre alle quali assistiamo in diretta o all’ennesimo barcone affondato.
Ma non sempre si rimane impassibili, o peggio conniventi, di fronte al dolore: Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce, la Veronica gli asciuga il volto. Attraverso questi episodi l’Autore sottolinea la necessità di valorizzare gesti attraverso cui farsi carico di parte del dolore degli altri mettendo in gioco la propria vita, offrendo quello che si ha. Ciò non significa ribaltare la realtà, eliminare l’ingiustizia, ma alleviarne almeno in parte gli effetti. «Per fronteggiare il male bisogna praticare il bene: è la saggezza dei semplici», scrive Salvatore Natoli in un bellissimo commento ai Promessi sposi. (L’animo degli offesi e il contagio del male, il Saggiatore).
E poi il dolore che giunge inaspettato nelle vite. «Come essere genitori, promessa di futuro, di fronte alla malattia di un figlio», s’interroga Mantegazza, attraverso lo sguardo della madre che vede il suo andare a morire in croce. E poi la morte. Sì ma quale? dato che anche il Petrarca ne ricorda addirittura tre! E quando? dato che la scienza tende a ridisegnarne i confini.
Nella Via Crucis, nei tratti di Paladino e nelle considerazioni di Mantegazza c’è l’intrico dell’umano che pervade la storia e le esistenze di ciascuno portando i suoi interrogativi mai sopiti e una speranza che Mantegazza affida ai versi di Sogna ragazzo, sogna di Vecchioni: «La vita è così grande che quando sarai sul punto di morire, pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire».