Dt 16,1-4; 2Cr 35,1-7.10-18; Lv 6,17; 7,1-6; Ger 11,18-20
E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome.» (Ger 11,19)
Oggi le letture ci fanno sostare sul rapporto che c’è tra il culto, vissuto in un rito, e il culto esistenziale, vissuto in una storia personale. Le prime tre letture ci parlano dei sacrifici da compiere secondo prescrizioni rituali. Ci descrivono le norme per la celebrazione della Pasqua (Dt e 2Cr), o per il sacrificio di riparazione (Levitico). In Geremia, invece, il sacrificio diviene esistenziale: è lui, infatti, «l’agnello mansueto che viene portato al macello». Non solamente la sua parola, ma l’intera sua esistenza diviene profezia. Geremia, con la persecuzione che patisce, preannuncia il vero sacrificio che ci prepariamo a celebrare nella Pasqua: quello di Gesù, il Figlio di Dio. C’è chi ha tentato di cancellare il suo nome dalla terra dei viventi, ma in questo modo, paradossalmente, ha reso il suo nome motivo di salvezza per tutti i viventi.
Preghiamo
Apri i nostri occhi, Signore,
affinché riconosciamo in ogni martire
la presenza e la forza della tua Pasqua.
Accordaci di rendere vitale nella nostra vita
ciò che celebriamo nell’Eucaristia.
Tutto in noi sia profezia del tuo Regno.
[«Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» Lc 12,57 – LO SPIRITO, MAESTRO INTERIORE –
Quaresima e Pasqua 2018 -Centro Ambrosiano]