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Bilancio

Aids, le false credenze sulla trasmissibilità del virus

I risultati del progetto di sensibilizzazione condotto con 6 mila persone in scuole e parrocchie della diocesi: un giovane su quattro pensa che l’Hiv si possa trasmettere attraverso un bicchiere, tre su dieci con un bacio. «Occorre una nuova stagione educativa»

19 Gennaio 2018

Un giovane su quattro crede erroneamente che l’Hiv si possa trasmettere utilizzando le stoviglie impiegate da una persone infetta o bevendo dallo stesso bicchiere. Quasi tre su dieci ritengono, sbagliando, che il contagio possa avvenire attraverso un bacio. Quasi uno su cinque dichiara che si sentirebbe in forte disagio con chi ha contratto il virus. I questionari, somministrati prima degli interventi svolti da Caritas Ambrosiana e gli enti partner nel territorio della diocesi di Milano nell’ambito del Progetto nazionale Aids di Caritas Italiana, mostrano come ancora siano diffuse idee sbagliate e pregiudizi nei confronti di chi è affetto dalla malattia.

Il progetto “Per non lasciare indietro nessuno”, svoltosi nel triennio 2014-2017, ha convolto più di 6000 persone nelle scuole, nelle parrocchie, tra gli operatori e i volontari dei centri di accoglienza presenti nella diocesi ambrosiana, con quasi 250 azioni di sensibilizzazione, informazione e formazione.

Prima degli interventi di formazione alla domanda se l’HIV si possa trasmettere con il bacio il 28,8% dei giovani partecipanti agli incontri ha risposto affermativamente. La percentuale si abbassava al 12% tra gli adulti, mentre saliva al 37,8% tra i ragazzi di terza media. All’inizio del progetto, il 24,7% dei giovani e l’8,3% degli adulti ritenevano possibile la trasmissione dell’Hiv utilizzando in comune stoviglie e temevano di poter essere contagiati bevendo dallo stesso bicchiere il 29,7% dei giovani, l’11,7% adulti.

Mentre venivano manifestati pochi dubbi sul fatto che le persone con Hiv meritino lo stesso rispetto dovuto a tutti (96,7% adulti e 91,1 giovani%), il 16,1% dei giovani dichiarava che si sarebbe sentito in forte disagio accanto ad un persona con Hiv contro l’8,8% degli adulti. Inoltre il 42,3% dei giovani e il 33% degli adulti ritenevano poco opportuno che persone con HIV lavorassero con i bambini.

Che una persona con aspetto sano possa avere l’Hiv è un’evidenza sia per gli adulti (96,8%), sia per i giovani (95,5%), mentre i ragazzi di terza media ne sono un po’ meno sicuri (88,2%). Alla domanda se l’infezione da Hiv sia trasmessa da persone consapevoli del proprio stato, erroneamente lo presume il 15,7% degli adulti, il 18.8% dei giovani e il 30% di chi frequenta la terza media.

«Sapevamo che il venir progressivamente meno di campagne di informazione e di una capillare e sistematica educazione dei giovani su questo tema negli ultimi vent’anni, parallelamente al venir meno dell’allarme sociale, poteva portarci all’evidenza di questi risultati anche nel nostro territorio, così come dimostrato altrove anche da ricerche di altre associazioni – spiega Laura Rancilio, responsabile Aids di Caritas Ambrosiana e rappresentante di Caritas Italiana nella sezione del Comitato Tecnico Sanitario di Lotta all’Aids del Ministero della salute -. Nei nostri dati colpisce in particolare lo spartiacque tra i nati fino al 1980 e i nati negli anni successivi, che hanno minori informazioni corrette e maggiori pregiudizi. I grandi progressi sulla quantità e qualità di vita delle persone con HIV, non sono stati accompagnati da un aumento altrettanto significativo della consapevolezza sociale, anzi».

Tuttavia, proprio il progetto “Per non lasciare indietro nessuno” dimostra quanto terreno si possa recuperare. Al termine degli incontri lo stesse persone hanno risposto in mondo diverso: la percentuale di chi crede che il contagio possa avvenire con un bacio è scesa tra i ragazzi di terza media all’11%, tra i giovani al 6% e tra gli adulti al 2,7%, la percentuale di chi crede che l’infezione si possa propagare attraverso le stoviglie utilizzate da persone infette è calata al 7,8% tra i giovani e all’1,6% tra gli adulti. Si riducono, anche se non si annullano, il timore di poter essere contagiati bevendo dallo stesso bicchiere (22,9% giovani, 9,9% adulti), il forte disagio di sapersi accanto ad un persona con HIV (14,4% giovani, 7,3% adulti) e la convinzione che non sia opportuno che persone con HIV lavorino con i bambini 36,2% dei giovani, 29,8% degli adulti.

Almeno a breve termine, dunque, è stato possibile misurare un aumento delle conoscenze e una riduzione della percezione negativa delle persone con Hiv. «Le scuole – e in primo luogo le scuole non statali – hanno partecipato con convinzione al progetto. Con più difficoltà, invece, è stato raggiunto il mondo degli adulti, soprattutto all’interno dei contesti parrocchiali. Quando però si è riusciti ad affrontare il tema HIV, questo argomento che a molti sembrava lontano sia nel tempo che per sensibilità, si è fatto vicino e coinvolgente. Dopo tre anni di lavoro possiamo dire che è necessaria una capillare, competente e continua azione educativa soprattutto verso i più giovani. È quindi assolutamente opportuno tornare ad investire risorse su questo fronte, e la recente intesa Stato-Regioni sul nuovo Piano Nazionale AIDS potrebbe essere un promettente inizio», osserva Rancilio.

Sono stati partner del progetto: Consorzio Farsi Prossimo, A77 cooperativa sociale, Contina Cooperativa Sociale, Coop. Soc. Comunità Del Giambellino, La Strada Soc. Coop. Soc., Associazione Fides, Fondazione Somaschi, Fondazione Archè, Coordinamento Regionale delle Case Alloggio per persone con HIV/AIDS della Lombardia (C.R.C.A. Lombardia), Fondazione Lila Milano.