Sabato 25 e domenica 26 novembre a Villa Sacro Cuore si è tenuta la VII sessione di lavoro del Consiglio pastorale diocesano, il primo presieduto dall’arcivescovo Mario Delpini.
Da subito un senso di novità ha generato un clima di attesa e di attenzione: l’Arcivescovo era già sempre presente ai lavori del Consiglio in qualità di Vicario generale, era già conosciuto, stimato e apprezzato per le sue omelie e i suoi interventi molto puntuali sulle linee pastorali da intraprendere; averlo nel Consiglio come Arcivescovo è stato dunque motivo di gioia per tutti. Molto positivamente è stato accolto il suo primo intervento, a sottolineare il valore sinodale del Consiglio pastorale, che rende importante per lui ogni fase di ascolto e ogni contributo volto a far cogliere la direzione da far prendere alla Chiesa ambrosiana.
Il clima è stato subito molto propositivo e in questo contesto si sono aperti i lavori su un tema certo non semplice, anzi spinoso e avvertito generalmente come pericolosamente divisivo dentro i contesti ecclesiali: “Responsabilità pastorale diocesana e situazione sociopolitica in Lombardia in vista delle scadenze elettorali regionali e nazionali del 2018”
Secondo la modalità di lavoro scelta dalla commissione per favorire un processo di discernimento comunitario, si sono alternati momenti di ascolto – di alcune sollecitazioni riguardo lo scenario sociopolitico (videointervista al professor Mauro Magatti), del responsabile dell’Ufficio di Pastorale sociale don Walter Magnoni, dell’esito dei lavori di Zona -, di confronto a gruppi e di discussione in sede plenaria, fino all’approvazione di una raccolta di molteplici proposte da offrire all’Arcivescovo e ai suoi collaboratori e, tramite loro, a tutta la Chiesa locale.
Sebbene non manchi certo una generosità diffusa negli ambienti diocesani (volontariato, Caritas, ecc) e non manchino proposte di formazione sociopolitica, è emerso un rapporto assai problematico tra fede vissuta e politica. Di fatto l’urgenza dei temi che riguardano la vita della gente e che interrogano la politica (poveri, lavoro, famiglia, ambiente, integrazione…) è inversamente proporzionale al modo con il quale mediamente le comunità cristiane si occupano esplicitamente di questi aspetti; lo fanno perlopiù in modo insufficiente, marginale, timoroso e incerto. Questo stallo delle comunità ha tante ragioni, ma oggi concorre involontariamente a produrre indifferenza, estraneità, disaffezione in un contesto molto individualista e segnato dal fenomeno dell’astensionismo.
Le proposte sono state tante e tutte all’insegna di due linee guida:
– quanto attiene alla fede ha sempre rilevanza sociale, come sottolinea con forza anche il magistero di papa Francesco in Evangelii Gaudium 176 e in Laudato sì;
– il criterio della “pluriformità nell’unità” da far valere in modo forte nelle comunità cristiane per favorire dibattiti, confronti, riflessioni, senza rischiare delegittimazioni o “scomuniche” per diversità di posizioni.
La raccolta delle proposte ha tenuto conto di tempi diversi: c’è un tempo ravvicinato da qui alle elezioni e c’è un tempo lungo della formazione delle coscienze. Ci sono diversi livelli di intervento: diocesano, zonale, decanale e parrocchiale. Sono in gioco diverse competenze: quelle per trattare i temi propri della politica e quelle relative alla formazione della coscienza civica di tutti, secondo linee evangelicamente ispirate. Ci sono azioni di soggetti diversi: la parola dell’Arcivescovo, l’azione educativa dei sacerdoti, l’educazione ai temi socio politici come parte della pastorale ordinaria della Chiesa, l’azione di associazioni e movimenti ecclesiali di laici, tra loro e in rete con altre associazioni culturali del territorio. C’è poi lo spazio delle scelte personali di impegno e di presenza.
Un aspetto molto positivo, che diviene motivo di incoraggiamento, è stato il clima di attenzione, ascolto, accordo nell’analizzare la situazione e nel cercare insieme vie di rilancio di ciò che è fondamentale per il bene comune. Non ci sono state contrapposizioni polemiche, né silenzi imbarazzati o giudizi espliciti o impliciti. Lo stile e il risultato raggiunto sono un invito a tutti a continuare in ogni sede questo percorso che ci interpella fortemente.