Due laboratori di formazione, in programma l’11 novembre e il 2 dicembre al Centro pastorale ambrosiano di Seveso dalle 9.30 alle 12.30, rivolti agli operatori della comunità educante, per farli lavorare anzitutto su loro stessi e far acquisire semplici, ma importanti strumenti, linguaggi e metodologie per entrare in relazione con i ragazzi con disabilità e dare loro la possibilità di esprimere le proprie ricchezze.
Al Giubileo dei disabili (giugno 2016), intervenendo in merito ad alcune parrocchie che faticano e hanno timore ad aprire le porte ai ragazzi con disabilità, papa Francesco esclamò con forza che, quando si parla di accoglienza, essa deve essere per «o tutti o nessuno!». E in un passaggio della sua Lettera Vieni, ti mostrerò la sposa dell’Agnello, l’Arcivescovo ha sottolineato: «Tutti i popoli, tutti gli uomini, riconoscono nella città (la nuova Gerusalemme, cioè la Chiesa che vive nella storia e sospira il compimento della nuova creazione) un punto di rifermento verso cui orientarsi, una città dove è desiderabile abitare».
Da circa due anni quattro realtà della Diocesi -Servizio per la catechesi, Fom, Caritas Ambrosiana e Csi – stanno collaborando per sensibilizzare le comunità parrocchiali, perché possano diventare sempre più un posto dove «è desiderabile abitare», anche per i ragazzi con disabilità. Molte parrocchie hanno già raccolto la sfida e hanno messo in atto, in questi ultimi anni, iniziative e attenzioni perché la comunità cristiana potesse essere realmente un luogo per tutti. Constatare questa ricchezza, frutto dello Spirito Santo, ci interpella e ci sprona ad assecondare la sua azione, a favorirla, mettendosi al suo servizio, così che non solo alcune, ma tutte le parrocchie possano scrivere pagine bellissime, in cui si racconta che nell’aula di catechismo, nel cortile dell’oratorio, nella squadra di basket veramente si vive, e non solo si annuncia, la bellezza di questa verità: Dio è Padre di tutti e nessuno può essere escluso. Ognuno con la propria normalità è infatti, in nome dell’unico battesimo, figlio di Dio, amato e chiamato a un cammino di santità: per questo le nostre comunità, in cui la fede viene trasmessa di generazione in generazione, non possono non lavorare perché anche i ragazzi con disabilità possano vivere la loro vocazione.
A maggio del 2016 abbiamo proposto un seminario diocesano nominato «Lasciate che tutti i bimbi vengano a me». Nel febbraio 2017, in occasione del convegno diocesano «Si può fare! E te lo racconto», abbiamo ascoltato suor Veronica Donatello, responsabile del Settore per la catechesi delle persone disabili dell’Ufficio nazionale Cei. In entrambe le occasioni abbiamo conosciuto tanti operatori delle comunità educanti sensibili a questo tema, che chiedono un aiuto per essere formati, guidati e sostenuti. I due laboratori dell’11 novembre e del 2 dicembre nascono proprio per dare una prima risposta a questo appello. Gli incontri verranno proposti a livello diocesano, ma l’auspicio è che in seguito possano essere riproposti nei Decanati che li richiederanno.
Vorrei concludere con il pensiero di un ragazzo con disabilità, il quale, commentando proprio questo termine, scrive: «La disabilità è di chi guarda. Essere disabile è quando gli altri ti ci fanno sentire, essere persona è vivere anche con la propria disabilità. Strana la vita, se non fossi stato disabile non sarei la persona che sono fiero di essere…». Parole semplici, che sono un forte invito a cambiare occhi, a educare uno sguardo perché non ci si soffermi immediatamente su «quello che non può fare o non ha…», ma si sia capaci di scorgere, come dice il beato don Carlo Gnocchi, «la vita che non c’è, ma che potrebbe esserci».