I Superiori locali delle Comunità di vita consacrata maschili si sono incontrati recentemente insieme al loro Vicario episcopale per un dialogo sui temi proposti dall’arcivescovo Mario Delpini per l’anno pastorale 2017-2018. Il dibattito è stato vivace, mettendo in luce modalità significative con cui i religiosi possono contribuire al cammino diocesano.
Di fronte al richiamo sulla sinodalità e sulla pluriformità nell’unità, come questioni-chiave di metodo della vita ecclesiale, è stato facile ricordare che gli Istituti di vita consacrata possiedono una lunga storia di “sinodalità”, di cammino insieme: si pensi ai “Capitoli”, agli incontri in cui la comunità, a livello locale e generale, si confronta su come camminare insieme alla luce della Regola e delle Costituzioni nei diversi contesti di vita. Anche rispetto alla pluriformità nell’unità la vita consacrata è chiamata a essere parte qualificante di quella dimensione carismatica della Chiesa in cui i diversi carismi interagiscono per l’edificazione comune.
L’indicazione dell’Arcivescovo riguardante la centralità della celebrazione eucaristica e della vita di preghiera risulta essere particolarmente stimolante: le comunità di vita consacrata possono essere un punto di riferimento per l’ars celebrandi della Santa Messa e promuovere scuole di preghiera, proprio in forza della propria tradizione spirituale. Da parte del religiosi è emerso il desiderio di conoscere meglio la tradizione liturgica ambrosiana, soprattutto da parte di quegli istituti che hanno una storia breve nella nostra diocesi. A questo scopo Nadia Righi, direttrice del Museo diocesano, nel suo intervento ha mostrato percorsi interessanti per una conoscenza della storia ambrosiana attraverso l’arte.
Il tema della “vita come vocazione” è particolarmente sentito tra i consacrati. Interessante è stato il confronto con don Massimo Pirovano, responsabile della Pastorale giovanile, su quanto si fa in diocesi in preparazione del Sinodo sui giovani (2018), e con Claudia Ciotti, direttrice del Cdv, sull’animazione vocazionale, in particolare sull’attenzione da dare al “femminile”. L’auspicio è quello di una maggiore integrazione dei percorsi dei religiosi all’interno di quelli diocesani.
Infine, il richiamo dell’Arcivescovo alla responsabilità sociopolitica dei cristiani ha avuto tra i religiosi, sorprendentemente, approfondimenti interessanti. In effetti già il Vaticano II afferma: nessuno pensi che «i religiosi con la loro consacrazione diventino estranei agli uomini o inutili nella città terrestre»; è importante infatti che «la edificazione della città terrena sia sempre fondata nel Signore, e a lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando» (Lumen Gentium 46). Questo può documentarsi, è stato detto, nell’incremento del rapporto tra religiosi e famiglie: una complementarietà tra vocazioni che può rendere il popolo di Dio più incisivo nella società.
Dunque, un’accoglienza gioiosa delle indicazioni dell’Arcivescovo da parte dei religiosi che fa ben sperare.