Nm 22, 41 – 23, 10; Sal 97 (98); Gal 3, 13-14; Mt 15, 21-28
Balaam tornò da Balak che stava presso il suo olocausto: egli e tutti i prìncipi di Moab. Allora Balaam pronunciò il suo poema e disse: «Da Aram mi fa venire Balak, il re di Moab dalle montagne d’oriente: “Vieni, maledici per me Giacobbe; vieni, minaccia Israele!”. Come maledirò quel che Dio non ha maledetto? Come minaccerò quel che il Signore non ha minacciato? Perché dalla vetta delle rupi io lo vedo e dalle alture lo contemplo: ecco un popolo che dimora in disparte e tra le nazioni non si annovera. Chi può contare la polvere di Giacobbe? O chi può calcolare un solo quarto d’Israele? Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro». (Nm 23,6-10)
Il re di Moab ha chiesto a Balaam di maledire Israele, dal momento che il suo popolo avrebbe dovuto scontrarsi con esso. Balaam non può fare quanto gli è richiesto, perché il Signore manifesta invece la sua benedizione in favore di Israele. È possibile volgere al bene nonostante le premesse non fossero tali, anzi, è possibile riconoscere il bene ancora nascosto agli occhi umani; mettendosi dal punto di vista del Signore un popolo che non ha alcun ruolo tra le grandi nazioni della terra diventa quello benedetto.
Quel cambiamento dello sguardo, che si trasforma in benedizione, è l’occasione data a tutti, oggi, per iniziare a trasformare la realtà nella quale si è inseriti a partire dalla sicurezza che il Signore dà valore a quanto spesso è trascurato.
Preghiamo
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!
dal Salmo 97 (98)