In tempi di guerra facciamo parlare i costruttori di pace. Gente che s’impegna a edificare ponti, ad accendere luci di speranza quando tutto sembra irrimediabilmente avvolto nel buio.
La proposta arriva da quattro realtà del mondo cattolico: Charles Peguy, Associazione Famiglia Martin, Circolo Feltre e Club in uscita. L’appuntamento è per martedì 6 giugno alle 21, nell’Aula magna dell’Istituto dei Tumori di Milano (via Venezian 1 – vedi qui la locandina).
Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi, racconterà l’esperienza di “Ospedali aperti” in Siria e l’impegno per l’integrazione dei profughi ucraini in Italia, oltre che per il sostegno educativo dei bambini in Ucraina.
Ihor Boyko, rettore del Seminario greco-cattolico di Leopoli, è impegnato nell’accoglienza degli sfollati interni, in una città che è diventata un gigantesco hub, passando da 700mila a un milione di persone: «Abbiamo visto troppa morte, troppa distruzione. Chiedo a Dio di aiutarmi a non riempire il mio cuore con l’odio».
Riccardo Bonacina è portavoce del Movimento europeo di azione non violenta, che coinvolge 30 organizzazioni della società civile: ha inviato tonnellate di aiuti umanitari, ha costruito il Peace Village e promuove azioni non violente in diverse città dell’Ucraina: «La pace si può e si deve costruire anche quando le armi non tacciono. Anzi, soprattutto lì».
Elena Mazzola, presidente della Ong Emmaus che assiste minori ucraini in condizioni di particolare fragilità, ha lanciato il progetto “La mia casa dov’è?”, per aiutare a trovare un luogo dove abitare insieme: «Il male che abbiamo subìto porta a odiare chi lo ha commesso, ma se l’odio diventa il nostro orizzonte e se insegneremo a odiare, distruggeremo noi stessi e il nostro popolo».