Certe persone non hanno diritti né da vive, né da morte. Da Naufraghi senza volto, scritto dall’antropologa forense Cristina Cattaneo (Raffaello Cortina Editore, Premio Galileo 2019), ecco una lettura teatrale per raccontare il dramma dei naufragi nel Mediterraneo dal punto di vista di chi lavora per restituire, attraverso le analisi autoptiche, identità e dignità ai profughi morti in mare. Dal 20 al 25 giugno al Piccolo Teatro Grassi Laura Curino e Renato Sarti daranno vita al reading prodotto dal Teatro della Cooperativa.
È raro soffermarsi a pensare alla sofferenza di chi ha una persona cara che ha intrapreso un viaggio alla ricerca di un futuro migliore, e non sa se ce l’abbia fatta, se stia bene, se lo rivedrà mai. Si chiama «ambiguous loss» (perdita ambigua) il sentimento che provano i parenti delle persone scomparse, un lutto che non si riesce a elaborare, perché non c’è la presenza di un corpo a confermarne la morte. Se si aggiungono vuoti normativi e inadempienze delle istituzioni, la possibilità di avere una risposta si fa ancora più remota; al dolore si aggiunge la rabbia e il problema diventa anche sociale.
Una crociata scientifica e umana
È questo il contesto in cui opera il Labanof, Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano, diretto da Cristina Cattaneo, antropologa, medico forense e autrice di Naufraghi senza volto. Questa autentica crociata, coadiuvata anche da diverse organizzazioni di volontariato, dalla Marina Militare e dalla Croce Rossa Internazionale, è raccontata nel libro attraverso i naufragi dell’ottobre 2013 e del 18 aprile 2015. In quest’ultimo caso, la nave affondò con circa novecento persone a bordo e l’equipe del Labanof effettuò le analisi autoptiche sui 566 corpi recuperati, la catalogazione dei vestiti e degli oggetti ritrovati e mise i risultati al servizio dei familiari dei dispersi, per permettere loro il riconoscimento delle vittime. Il Labanof è riuscito a realizzare un piccolo miracolo: «restituire una storia, un’identità̀ e perfino la dignità» alle vittime senza nome dei naufragi del Mediterraneo. Ora è fondamentale che la politica faccia la sua parte e il “paradigma Labanof” diventi prassi a livello nazionale ed europeo.
Fin dalla fondazione il Teatro della Cooperativa si è occupato di migrazione, proponendo spettacoli legati a questa tematica (La nave fantasma nel 2004, Premio Gassman; Servi, di e con Marco Rovelli e Mohamed Banel, nel 2009; M’bira, di Roberto Castello, finalista premio Ubu 2019) e impiegando spesso attori e attrici immigrati in Italia (Sogno di una notte di mezza estate, La molto tragica storia di Piramo e Tisbe, Chicago boys).
È per dare continuità e maggior spessore a questo impegno, sentito come necessario, che Renato Sarti ha deciso di scrivere e realizzare, in collaborazione con Cristina Cattaneo, una versione teatrale di Naufraghi senza volto.